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Diritto di critica | April 14, 2024

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Non è un Paese per giornalisti - Diritto di critica

L’Italia non è un Paese per giornalisti. E non solo per le leggi bavaglio, per il mancato pluralismo di alcuni telegiornali, per l’autocensura che certi cronisti hanno ormai come qualità innata. C’è dell’altro e inizia molto prima di queste grandi questioni. L’Italia non è un Paese per giornalisti perché la libertà di chi racconta e ricerca la verità parte prima di tutto dalla sua autonomia.

In un Paese come il nostro, in cui i giornali vivono grazie ai collaboratori, è curioso andare a vedere i compensi di quanti – anche i giornalisti professionisti, in teoria più tutelati – ogni giorno si arrabattano per cercare proposte da inviare alle redazioni. Scorrendo uno per uno i dati pubblicati nel maggio scorso nella ricerca “Smascheriamo gli editori” (scarica il file), pubblicata dall’Ordine nazionale dei Giornalisti, infatti, ci si rende conto che il compenso di molti colleghi è pari (se non inferiore) a quello di qualsiasi parcheggiatore abusivo di una metropoli italiana.

Per correttezza, citerò solo i quotidiani che ricevono sovvenzioni pubbliche dallo Stato (anch’esse riportate nello studio dell’Ordine), ma lo studio riporta numerose altre testate. Tutti i compensi – ovviamente – sono da intendersi “lordi”.

  1. Il Mattino: 21 euro a pezzo, pagati al massimo per 20 articoli e a 60 giorni. Il quotidiano campano ha ricevuto 956.652,00 euro di finanziamenti pubblici.
  2. La Voce di Romagna: 2.530.638,81 euro di soldi pubblici e 2,5 euro ad articolo.
  3. Il Foglio: 3.745.354,44 euro di finanziamenti pubblici e 180 euro di compenso per 4.200 battute, pagati anche in questo caso a 60 giorni.
  4. La Repubblica: 16.186.244,00 euro di contributi dello Stato all’editoria e un compenso che varia tra i 30 e i 50 euro a pezzo.
  5. Il Manifesto: 5.307.241,00 euro di soldi pubblici e – secondo quanto riporta la ricerca dell’Odg – nessun compenso per gli articoli scritti dai collaboratori. Da Aprile, inoltre, i redattori non ricevono stipendio.
  6. Il Messaggero: 1.449.995,00 euro di contributi pubblici e 9 euro di compenso per le brevi, 18 euro le medie e 27 euro per gli articoli. Da marzo 2010 – scrive l’Odg – con effetto retroattivo, le brevi devono essere almeno di 14 righe: quelle inferiori, scritte da gennaio a marzo, non sono state pagate.
  7. Il Tempo: 840.065,00 euro pagati dai contribuenti e 7,50 euro per gli articoli inferiori a 40 moduli, 15 per quelli superiori.
  8. Il Sole 24 Ore:  19.222.767,00 euro di contributi pubblici e 0,90 euro a riga, con cessione dei diritti d’autore.
  9. Libero: 5.451.451 di finanziamenti pubblici e 18 euro per un’apertura, ma sono stati registrati compensi anche di 51 euro.
  10. Giornale di Sicilia: 497.078,00 euro da parte dello Stato e compensi che variano tra 1,03 euro e 6,20 euro a pezzo.  Si arriva a 10,31 euro per una foto notizia.
  11. La Sicilia: 255.809,00 euro di finanziamenti pubblici e 15,50 euro ad articolo.
  12. Nuovo Corriere di Firenze: 2.530.638,81 euro di contributi pubblici e un compenso a forfait tra i 50 e i 100 euro al mese.
  13. Il Gazzettino: 324.413,00 di contributi da parte dello Stato e compensi che vanno dai 4 ai 20 euro al pezzo.

Con questi compensi e con questa incertezza lavorativa, le istituzioni, il sindacato e l’Ordine dei giornalisti (a cui va il merito di questa prima panoramica), rispondano su come si possa tenere la schiena dritta e rischiare querele, denunce o – peggio – ricevere intimidazioni pur di far emergere la verità…E adesso – per favore – non parlateci più di libertà di stampa.

APPROFONDIMENTI: La censura violenta. Presentato il rapporto di Ossigeno per l’informazione

Comments

  1. Sara

    Io faccio Lettere Moderne e lo sapevo sin da subito che emergere in questo campo non sarebbe stato semplice. Bisogna prima trovare un argomento da sviluppare, poi darsi fiducia, poi cercare qualcuno che te ne dia, sperare che non si voglia approfittare del tuo lavoro e che ti dia una retribuzione adeguata. Per non parlare se si vuole dire qualcosa di scomodo. Tolto internet, gratuito, rimangono i libri e i documentari. Oppure dare vita a una rivista autogestita, che però dovrà avere un prezzo abbastanza alto.
    Insomma, la vera informazione è quella di chi riesce ad approfondire e a sviluppare gli argomenti che più gli interessano, che più lo sdegnano, che più lo schifiscono e, contemporaneamente, di chi riesce a farsi conoscere e a trovare un pubblico di affezionati.
    E per fare questo, per lo più, bisogna condividere le proprie convinzioni con piccoli gruppi e autogestirsi.
    Non direi che l'Italia non è un Paese per giornalisti. Direi, piuttosto, che gli italiani non sono un popolo che mette in primo piano l'educazione e l'informazione. Invece del contenitore citiamo il contenuto.

    • Sara, sottoscrivo in toto quanto hai scritto :)
      Emilio

  2. gamma83

    Dopo 8 anni di collaborazione ho scelto di smettere, perché non si possono prendere le querele e prendere 5 euro lordi a pezzo quando va bene. Che tristezza.

  3. pacato

    Io scrivo articoli saltuariamente e li pubblico nel mio blog. Non mi reputo un vero giornalista, tuttavia a mio modo do’ informazione sul mio settore.

    Tutto questo lo faccio nel mio tempo libero, dopo le 8 – 10 ore di lavoro, pero’ ho un discreto pubblico che mi segue, sintomo che grosse corbellerie non le scrivo.
    Mi spiegate perche’ non fate anche voi lo stesso invece di lamentarvi e stracciarvi le vesti?
    Non penso che sia diritto di cronaca o informazione mantenermi aggiornato sulle strappone con cui va il nostro premier o i travoni di marazzo .

    Non penso sia informazione la bufala di poco tempo fa sulla depenalizzazione dei reati alimentari.

    • Ivana

      Ma tu come li scrivi i pezzi sul tuo blog? Non sarà mica che leggi i giornali e poi ne trai un tuo pensiero. Non so di cosa si occupa il tuo blog. Perché se fosse così, sappi che dietro a quell’articolo ci sta il lavoro di un giornalista probabilmente pagato 5 o 10 euro che si è fatto il suo mazzo per trovar le notizie. Per questo ci stracciamo le vesti perché tanti sono così bravi a farsi un blog prendendo le notizie dai giornali, ma c’è appunto chi lsi diverte nel tempo libero, e poi c’è chi invece lo fa come se fosse un hoby ma invece è il suo lavoro di ogni giorno.