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Diritto di critica | March 28, 2024

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Eguaglianza, un discutibile punto di vista - Diritto di critica

Eguaglianza, un discutibile punto di vista

« Sì, il nostro buffo mondo va così, qualcuno potrebbe anche dire – sempre rischiando di essere linciato – che va alla rovescia, comunque sicuramente va al contrario di come è sempre andata nella storia fino a qualche decennio fa». Ne è convinta Lucetta Scaraffini e lo scrive sul Riformista di ieri. Il riferimento è, naturalmente, all’omosessualità e ai diritti che le coppie di persone dello stesso sesso chiedono.

Naturalmente, perché come tutti i “neocattolici”, comunisti pentiti e laici alla Marcello Pera, ha il pallino dell’omosessualità. Come se essere cattolici, o diventarlo, andasse di pari passo con l’omofobia più feroce.
E Scaraffia ha ceduto a questa logica: in un ritratto-intervista di Stefano Lorenzetto su Panorama del 1 gennaio 2009, descritta come «intellettuale d’assalto. Ex sessantottina, ex marxista, ex femminista, in prima linea a difendere il Cattolicesimo dagli assalti del politicamente corretto. Una Giovanna d’Arco combattiva che ora vuole sposarsi in chiesa», dice: «Per la dottrina cattolica gli omosessuali in quanto tali non esistono. Ci sono soltanto persone che compiono atti contrari alla natura».
Si sarà convertita, ma il catechismo cattolico lo interpreta a modo suo. Perché in quel testo, al capitoletto 2358, pur con la revisione del 1997 (editio typica), la sostanza rimane uguale: gli omosessuali esistono : «Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce per la maggior parte di loro una prova» (1992); Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova» (tra innate e profondamente radicate la differenza concettuale è sostanziale, ma la realtà uguale).

La storia, fino a qualche decennio fa, andava così: gay e lesbiche, soprattutto quelli che non appartenevano ad elite o ceti di un certo livello, reprimevano se stessi accettando matrimoni di convenienza o prendendo la strada di seminari e conventi. Tant’è che non sono rari i casi di mariti o mogli, che si “scoprono” omosessuali dopo il matrimonio e la diffusa presenza di preti gay non è più un mistero per nessuno.

Non che finti matrimoni e vocazioni improvvisate non ci siano più, ma diciamo che rimanere single non è più uno scandalo sociale e i seminari dal 2005, in base ad un documento della Congregazione per l’Educazione cattolica (poi confermato con una lettera del card. Bertone nel 2008), hanno chiuso le porte alle persone gay  (i preti gay comunque ce ne sono, eccome).
Da qualche decennio, con il ’68 e – l’anno successivo – con la nascita del movimento di liberazione omosessuale, non è più così. Si vive, o si cerca di vivere, sopravvivendo alla paura, da gay, lesbiche, bisessuali e transgender alla luce del sole.
Per la Scaraffia, e i cattolici come lei, “era meglio quando si stava peggio” e infatti si chiede concludendo l’articolo sul Riformista: «Perché non capiscono che l’eguaglianza con gli altri sarebbe di sposarsi con qualcuno di sesso diverso e con questo fare un figlio, ma non di pretendere quello che è impossibile, cioè procreare un figlio con una persona dello stesso sesso?». Eguaglianza è quindi andare davvero contro natura, perché – come l’Oms insegna –  l’omosessualità è una variante naturale del comportamento umano.

Si schiera dalla parte di chi «difende semplicemente il diritto degli omosessuali a essere trattati come tutti gli altr» ma a modo suo perché come diceva già nell’intervista del 2009 «gli omosessuali sono liberi di comportarsi diversamente dagli altri, ma nel contempo non possono pretendere gli stessi diritti degli altri». Sul Riformista addirittura scrive che la richiesta della parità dei diritti sia un “paravento” che apre “la porta a nuove discriminazioni, sempre nei confronti degli omosessuali, anche se questa volta in senso positivo”. Come se il matrimonio o il libero accesso alla fecondazione assistita fossero dei privilegi, rispetto a chi?  un privilegio, rispetto a chi non si sa.

È tutta colpa delle riviste femminili secondo Scaraffia. «C’è una propaganda strisciante, soprattutto sui settimanali femminili distribuiti dai grandi quotidiani come La Repubblica e II Corriere della sera, che sta portando le lettrici a vedere queste nuove famiglie come non solo perfettamente normali, ma anche felici e senza problemi». Come se a dimostrare il contrario, con la realtà lei fosse capace.

E non basta citare un caso limite «come il gay messicano che “si è fatto un bambino” grazie all’ovulo di un’amica e all’utero di sua madre, e che dice di non vedere l’ora di raccontare tutto questo a suo figlio». Perché allora, dati alla mano, le famiglie “tradizionali” di problemi ne avrebbero fin troppi: violenza, maltrattamenti, omicidi.

E infine la sferzata, a dir poco arzigogolata, sulla proposta di legge Concia che indotti da un non ben definito politically correct tutto il Parlamento sarebbe pronto a votare. Il voto dell’anno scorso dimostra il contrario.
Con la proposta di applicare un’aggravante per le forme di aggressione a sfondo omofobico le persone lgbt – secondo Scaraffia – sarebbero considerate «di valore superiore agli altri». Da questo punto di vista le persone di etnia, nazionalità o fede diverse, o le donne, sono persone privilegiate. Chissà se Scarrafia oserebbe scrivere una cosa del genere.