Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Diritto di critica | April 16, 2024

Scroll to top

Top

Ora è la volta dell'Iran - Diritto di critica

Ora è la volta dell’Iran

Un morto ufficiale, diversi feriti ed almeno 250 arresti: non più l’Egitto teatro di scontri, ieri, ma l’Iran di Ahmadinejad, dove migliaia di persone sono scese in piazza ed hanno decretato per il 14 febbraio la loro ‘giornata della rabbia’, marciando nelle strade di Teheran per esprimere solidarietà e sostegno alle rivolte nel resto del mondo arabo. Il corteo, non autorizzato,  era organizzato dall’opposizione al regime. Le autorità avevevano vietato qualunque forma di raduno, ma la misura non è  bastata a fermare l’Onda Verde, carica di nuova forza dopo l’esito delle rivolte in Egitto e Tunisia.

La protesta è iniziata in modo pacifico e silenzioso. I manifestanti si sono riuniti nei pressi di piazza Azadi (nome che significa ‘libertà’) e solo successivamente alcuni oppositori hanno iniziato a scandire slogan contro il governo (‘A morte il dittatore!’) e a bruciare cassonetti e bidoni della spazzatura. L’opposizione ‘verde’ ha poi chiesto che l’ayatollah Ali Khamenei,  guida suprema della Repubblica Islamica, lasci il potere, sperando che l’onda delle rivolte popolari in Tunisia ed Egitto – che hanno visto il presidente Ben Ali e il raìs Hosni Mubarak rassegnare le dimissioni – arrivi ed abbia effetto anche in Iran.

La situazione per le strade di Teheran e di altre città iraniane nelle quali la gente è scesa in strada (tra cui Isfahan e Shiraz) è ben presto degenerata, trasformandosi, secondo quanto riferito dalle fonti locali, in «caos totale». Un producer della Bbc ha parlato di «pesanti scontri» in diversi punti della capitale, che hanno visto contrapporsi i manifestanti alle forze di polizia. I siti d’opposizione ‘Peykeiran’ e ‘Herana’ hanno riferito come le forze dell’ordine abbiano aperto il fuoco sui manifestanti presso piazza Tohi, usato in modo massiccio i gas lacrimogeni e sparato vernice così da poter successivamente identificare chi avesse preso parte alle proteste.  «La gente – ha scritto un giornalista della Bbc da Teheran – ha dato fuoco a cassonetti nel centro e la polizia ha sparato così tanti gas lacrimogeni che, in alcune parti della piazza Azadi, è quasi impossibile respirare».

Le notizie corrono sul web, perchè la rete di cellulari è stata completamente oscurata nel centro della capitale, principale teatro degli scontri: le proteste si sono concentrate nei pressi delle piazze Azadi, Imam Hossein, Enghelab, Ferdowsi, Haft-e-Tir e Sadeghieh e  attorno all’università di Teheran, dove i manifestanti sono stati fronteggiati da almeno un migliaio di agenti di polizia in tenuta anti-sommossa. Gli stessi poliziotti avrebbero impedito ai media stranieri di avvicinarsi per riprendere quanto stava succedendo. Si parla di una persona uccisa in giornata, ma secondo l’agenzia iraniana Fars la responsabilità ricadrebbe su ‘manifestanti sediziosi’. Sono invece almeno 250 gli arrestati nel corso della manifestazione.

La protesta di ieri è la prima dalle manifestazioni ‘verdi’ del 2009, a seguito dei presunti brogli elettorali che avevano permesso ad Ahmadinejad di vincere sul candidato moderato Mousavi alle elezioni di giugno. Le proteste che presero il via nella capitale e nelle principali città iraniane furono nei mesi successivi duramente represse dai Basij, forza paramilitare sotto il diretto controllo dei Pasdran del Governo. Vennero chiuse le università e oscurate le reti web e cellulari.  Sebbene le autorità avessero riconosciuto all’incirca 40 morti nel corso delle proteste, secondo Amnesty International sarebbero stati almeno il doppio, unite a più di cinquemila arresti. Dopo questa protesta il volto di Neda Salehi Agha-Soltan, la giovane donna ripresa da un video amatoriale negli ultimi istanti di vita dopo essere stata colpita a morte da un proiettile, ha fatto il giro del mondo ed è diventato il simbolo dell’opposizione al regime di Ahmadinejad, la ‘voce dell’Iran’ che chiama a ribellarsi.

Ribellione che non ha tardato a riprendere vita, sotto la spinta dei recenti avenimenti nel resto del mondo arabo. Questa volta non hanno tardato nemmeno gli Stati Uniti a manifestare il proprio pieno appoggio alle rivolte: Washington ha invitato Teheran a permettere «alle persone che godono degli stessi diritti universali di riunirsi pacificamente e di manifestare come al Cairo» ed il Dipartimento di Stato USA ha iniziato ad inviare messaggi su Twitter agli iraniani: un flusso cominciato domenica, quando gli Stati Uniti hanno accusato il regime di Teheran di ipocrisia perché, pur sostenendo a parole le rivolte anti-governative in Egitto, ha tentato poi di reprimere qualunque forma di protesta popolare in Iran. Allo stesso modo arriva dalla Francia la condanna per i «vincoli imposti all’opposizione», aggiungendo che «la Francia chiede alle autorità iraniane – dice il portavoce del ministero degli Esteri francese, Bernard Valero – di rispettare il diritto d’espressione di tutti i suoi cittadini. Chiede alle autorità iraniane di liberare tutte le persone detenute arbitrariamente».

Il 14 febbraio è stata  la ‘giornata della rabbia’ anche per il Bahrein, dove i manifestanti sono scesi in piazza in tre diverse località del paese e sono stati fronteggiati dalla polizia: fonti locali parlano di 14 feriti e di un ragazzo di 21 anni rimasto ucciso.