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Diritto di critica | March 29, 2024

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Belpietro: «Ecco il falso attentato a Fini». Era una bufala - Diritto di critica

Belpietro: «Ecco il falso attentato a Fini». Era una bufala

Ricordate le voci di un falso attentato a Fini organizzato per far ricadere la colpa su Berlusconi? Lo scriveva Maurizio Belpietro nel suo editoriale su Libero, il 27 dicembre scorso. Per il direttore del giornale di proprietà della famiglia Angelucci, un finto killer avrebbe dovuto sparare al presidente della Camera e poi, dopo essere stato arrestato, avrebbe dovuto raccontare di essere stato pagato dagli uomini del Cavaliere. Ovviamente era tutta una bufala.

Quanti avevano creduto a questa storia? In pochi ma il direttore di Libero era pronto a scommettere che il suo fantomatico informatore dicesse la verità. “Ci si sarebbe rivolti a un manovale della criminalità locale, promettendogli 200mila euro con il quale comprare il silenzio sui mandanti, ma anche l’impegno di attribuire l’organizzazione dell’agguato ad ambienti vicini a Berlusconi, così da far ricadere la colpa sul presidente del Consiglio”. Secondo Belpietro, “l’operazione punterebbe al ferimento di Fini e dovrebbe scattare in primavera, in prossimità delle elezioni, così da condizionarne l’esito”.

All’indomani di questo editoriale, il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro ha aperto un’inchiesta, insieme al suo collega di Trani, il procuratore Carlo Maria Capristo. Inchiesta, quest’ultima, il cui coordinamento è stato poi assunto dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari. Dopo le indagini svolte nel capoluogo pugliese emerge il nome dell’informatore di Belpietro, la cui posizione è stata archiviata in quanto non avrebbe commesso reato. Tuttavia, le carte beresi sono ora finite nelle mani di Spataro che deve verificare che non sussistano altri reati da imputare ai due protagonisti della vicenda: il giornalista e il suo informatore.

Si chiama Emanuele Catino, 44 anni, imprenditore di Andria e simpatizzante berlusconiano. L’uomo avrebbe contattato Belpietro a ridosso del voto di fiducia del 14 dicembre. “Avevo la necessità di moralizzare la politica e il meccanismo dell’informazione che produce infauste conseguenze, dando notizie false e soprattutto senza riscontro”, ha dichiarato Catino ai magistrati. Ma Catino, sempre che sia in buona fede, si è fiondato nell’enorme circo dell’informazione di parte senza accorgersene, producendo lui stesso un falso.

Dopo aver contattato una prima volta Belpietro per telefono, i due si incontrano in un bar. Catino racconta al direttore di Libero, di aver appreso questa notizia proprio dalla moglie del killer. “In una visita di Fini ad Adria nella prossima primavera avverrà il falso attentato”, aveva raccontato l’imprenditore pugliese. Belpietro preferisce non pubblicare immediatamente la bufala. Se la tiene nel cassetto della propria scrivania. Ma Catino persevera e in una telefonata di fine dicembre avrebbe chiesto a Belpietro garanzie, appellandosi al suo segreto professionale: “Non faccia il mio nome”. Ma non c’è segreto professionale che tenga nel momento in cui Belpietro si ritrova con il telefono intercettato. Così per gli investigatori è semplice risalire al nome del bislacco informatore.

Il giornalista è tenuto a verificare le informazioni in suo possesso”, si legge nella Carta dei Doveri del giornalista, uno dei codici deontologici approvati dall’Ordine dei Giornalisti ed insegnato con particolare dedizione in tutte le scuole di giornalismo. Belpietro, a patto che sia stato in buona fede, ha verificato, prima di scrivere, quello che sosteneva Catino?

Comments

  1. piero

    Belpietro, Sallusti, giornalisti??? Gente che se non scrivessero per i giornali di Berlusconi, non potrebbero scrivere neanche sulla carta igienica, valgono meno di uno che non vale nulla