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Diritto di critica | April 15, 2024

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L'ossessione di Berlusconi al G8 salva-Africa - Diritto di critica

L’ossessione di Berlusconi al G8 salva-Africa

La primavera araba al centro del G8 di Deauville: i Paesi Industrializzati tentano ad imbrigliare il post-tsunami magrebino con 4 miliardi di euro immediati (Banca Mondiale) e un fondo stimato tra i 35 e i 160 miliardi di dollari. Berlusconi si sfoga con Obama sulla persecuzione delle toghe rosse: due minuti in privato per chiedere cosa? L’intervento Usa sui giudici?

Al G8 francese va forte il mondo arabo. Da Obama a Cameron e Sarkozy, tutti i grandi leader dei paesi industrializzati parlano di aiuti ai “ribelli” della primavera magrebina, da quelli politici a quelli – più concreti – di tipo economico.  In particolare vengono presi in considerazione la Tunisia e l’Egitto, paesi relativamente stabilizzati dopo la caduta dei regimi dittatoriali. A questi due si aggiungono i delegati della Costa d’Avorio, del Niger e della Guinea – a dimostrazione che la questione dei conflitti africani è al centro dell’agenda occidentale, e che la “spinta democratica” è rivolta a tutto il continente.

Il tema più scottante è quello del denaro. Obama in persona ha assicurato l‘invio di 1,5 miliardi di dollari all’Egitto e alla Tunisia, a cui si aggiungono i 3 miliardi di dollari messi a disposizione dal Fondo Monetario internazionale e  dalla Banca Mondiale  – su cui gli Stati Uniti esercitano da sempre un’influenza determinante. Come mai tutta questa beneficienza, soprattutto dopo il silenzio durante le rivolte e le repressioni?

Ognuno ha i suoi interessi. L’America ha bisogno di stabilizzare politicamente un’area strategica per la propria economia, soprattutto in vista di un peggioramento delle tensioni con l’Iran. Soprattutto per il “do ut des” implicito: io ti do soldi, tu fai le riforme. E magari un governo filo americano a dirigere il paese, tenendone fuori gli elementi islamici. Per l’Europa, che parteciperà tramite il Fmi e la Bers agli aiuti, si tratta di disinnescare due minacce: quella dell’immigrazione e quella del fondamentalismo. La prima è concreta e vicina, la seconda è uno spauracchio efficacissimo sulla sensibilità occidentale.

E il motivo di allarme lo dà fin da subito il Fmi, affermando che “la stabilità sociale e politica” del Nord Africa e del Medio Oriente “non sarà assicurata se non verranno creati fra i 50 e i 75 milioni di posti di lavoro nel prossimo decennio. Cambiamenti graduali non porteranno a questo risultato”. Per compiere questo miracolo, prosegue il Fondo, servono 35 miliardi di dollari – immediati – e un totale di 160 miliardi nei prossimi due anni.

Tra le cose serie, irrompe la scenetta all’italiana di Silvio Berlusconi. Il premier ha chiesto un colloquio privato con il presidente Obama e, nei due minuti in privato duramente ottenuti, si è sfogato (pare) della “dittatura delle toghe rosse” in Italia, contro cui si trova a combattere continuamente. Aldilà del cattivo costume di lamentarsi fuori casa dei panni sporchi, che senso ha una simile confidenza? E’ una richiesta d’aiuto all’America per risolvere “l’anomalia Italia”? E come potrebbe intervenire Washington – sperando che non mandi l’aviazione o i marines sulle procure?

Una scenetta da cabaret inutile e dannosa. La verità è che Berlusconi non aveva nient’altro da dire ad Obama: nè a nessun altro. L’Italia continua a rappresentare un nei grandi summit internazionali, in cui partecipa più per routine che per effettivo potere.

Comments

  1. Claudio

    Ottimo articolo.

    Condensa in poche righe la distanza siderale tra la realtà virtuale della politica italiana e la realtà di un mondo in rapida evoluzione. Il ruolo dell’italia, importante fino agli anni ’80, sullo scenario economico e sociale dello scacchiere mediterraneo, inizia ad essere inconsistente.

    Evidenzia, al di la di ogni dubbio, la totale incapacità geopolitica del governo in materia di affari esteri.

    Ed evidenza, in maniera spiccata, la psicosi verso argomenti di nessun attinenza con la vita reale e le priorità degli italiani, come la riforma della giustizia, per l’appunto.