L'ultimo smacco di Cesare Battisti, forse libero entro domenica - Diritto di critica
Di nuovo libero, nella sua nuova patria: il Brasile. Cesare Battisti con ogni probabilità non sarà estradato in Italia. I giudici del Supremo Tribunal Federal emetteranno domani la sentenza definitiva, dopo quella già espressa nel 2009. L’ex presidente Lula, infatti, nell’ultimo giorno del suo mandato scelse di confermare il parere espresso dal suo ministro della Giustizia, Tarso Genro, negando così l’estradizione al terrorista.
Ad avallare la decisione di Lula è stato qualche mese fa il suo successore, la presidente Dilma Rousseff, smentendo quando aveva invece promesso in campagna elettorale. Secondo uno degli avvocati che sta seguendo la vicenda, intanto, Battisti – condannato all’ergastolo in Italia per quattro omicidi commessi negli anni 70 – si troverebbe ancora detenuto e sotto regime di antidepressivi.
L’impressione, secondo quanto trapela dai media brasiliani, è che l’aria tiri in favore di un rifiuto dell’estradizione del terrorista dei Proletari armati per il Comunismo. Se ciò dovesse avvenire l’ex terrorista italiano potrebbe lasciare il carcere di Papuda, alla periferia di Brasilia, entro la fine della settimana (è detenuto da quattro anni e due mesi). Una volta liberato, però, Battisti perderà lo status di rifugiato politico e diverrà un immigrato irregolare, motivo per cui dovrà restare a disposizione delle autorità brasiliane in attesa della regolarizzazione.
Il Brasile è da tempo un paese nel quale latitanti italiani – e anche super-latitanti, come Tommaso Buscetta – cercano rifugio, a tale punto che più di una decina di anni fa, nel 1999, il Servizio Centrale Operativo della polizia chiese alle autorità locali di tracciare una ”mappa” dei numerosi mafiosi che vi risiedevano, oltre ai sedici per i quali già allora si era richiesta l’estradizione. Brasile rifugio di mafiosi e narcotrafficanti, ma anche diterroristi e militanti di gruppi estremisti, di destra e di sinistra, come Gaetano Orlando, ex appartenente al neofascista Movimento di Azione Rivoluzionaria (Mar) arrestato a Foz de Iguacu nel maggio dell’83 e successivamente estradato in Italia. Luciano Pessina, ex Brigate Rosse, arrestato nell’agosto del 1996 a Rio, riuscì invece a sfuggire all’estradizione, poiché il Tribunale Federale Supremo (Tfs) stabilì che due dei delitti per i quali era stato condannato erano prescritti e il terzo doveva essere considerato come un’azione politica, e non un atto terroristico. Lo stesso avvenne tre anni prima con Achille Lollo, ex Potere Operaio, condannato per l’attentato contro la casa di un esponente missino a Roma, nel quale morirono tra le fiamme due figli del politico: il Tsf ritenne che l’intervallo di 11 anni fra una prima sentenza di assoluzione nel 1975 e la condanna nel 1986, in base alle leggi brasiliane, invaliderebbe il secondo processo.
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