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Diritto di critica | March 29, 2024

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Dimissioni in bianco, una petizione contro l'ingiustizia - Diritto di critica

Dimissioni in bianco, una petizione contro l’ingiustizia

Essere assunti e firmare subito la propria lettera di dimissioni. Non una libera scelta ma il passaggio obbligato per molti lavoratori e soprattutto lavoratrici per poter lavorare. Si chiamano “dimissioni in bianco”. Non c’è una data, c’è solo la firma. Così il datore di lavoro si risparmia la fatica di licenziare. E risparmia le indennità per licenziamento senza giusta causa e le parcelle degli avvocati in caso di ricorso. Apre il cassetto e aggiunge una data alle dimissioni. Il rapporto di lavoro si è risolto consensualmente.

Un fenomeno enorme. Ottocentomila neo mamme nel biennio 2008-2009 hanno dichiarato che, nel corso della loro vita lavorativa, in occasione della gravidanza, sono state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere. Il dato viene dall’ultimo Rapporto Istat. L’istituto di via Cesare Balbo a Roma sottolinea anche come le interruzioni del rapporto di lavoro legate alla nascita di un figlio si mantengano, per le diverse generazioni, su livelli vicini al 15%. Il Rapporto Istat ha, inoltre, evidenziato che la quasi totalità delle interruzioni di lavoro legate alla nascita di un figlio può ricondursi alle dimissioni forzate. L’istituto nazionale di statistica ha rilevato che se nel tempo la percentuale di donne che interrompono l’attività per matrimonio si è ridotta significativamente dal 15,2% di trent’anni fa al 7,1% di oggi, le dimissioni per la nascita di un figlio restano stabili al 15%.

Una petizione contro l’ingiustizia. Così, la Rete per la Parità ha inviato ai presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani, una petizione affinché il Parlamento si attivi per impedire che le lavoratrici, al momento dell’assunzione, vengano costrette a firmare le “dimissioni in bianco” che vengono poi regolarmente rispolverate dal datore di lavoro in caso di gravidanza della lavoratrice.

La lunga strada delle pari opportunità. La Rete per la Parità è presieduta da Rosa Oliva, nota per essere stata la donna che attraverso il suo ricorso permise nel 1960 le pari opportunità di genere nell’accesso ai pubblici uffici. Da quella storica sentenza del 1960 della Corte Costituzionale, che concesse alle donne di diventare prefetto, magistrato, e molto altro ancora, sono passati oltre 50 anni. Ma sotto il profilo sostanziale le pari opportunità non sono ancora state raggiunte. Solo pochi giorni fa un’azienda aveva avviato il licenziamento delle sole donne assunte affinché “possano accudire i propri figli”.

Quello che Prodi vietò, Berlusconi permise. “Le dimissioni in bianco sono una piaga sociale che soprattutto al Sud, ma anche nelle regioni del Nord, rappresenta un’arma di ricatto verso tutti coloro che, pur di lavorare, subiscono vessazioni contrattuali o irregolarità di trattamento rispetto ai contratti collettivi nazionali”, si legge nella petizione che ora giace in Parlamento. E proprio lo stesso Parlamento nella passata legislatura aveva votato un disegno di legge proposto dal governo Prodi che rendeva valide le dimissioni solo se firmate dall’interessato in presenza di un funzionario dell’ufficio di collocamento (legge 188/2007). Ma dopo un anno, nel 2008, uno dei primi atti del governo Berlusconi attualmente in carica fu proprio la revoca dell’obbligo, consentendo così di nuovo ai datori di lavoro di “dimissionare” e non licenziare senza giusta causa.

Comments

  1. francesco_SMC

    Paolo, grazie per questo articolo.
    Tifiamo per la petizione!

    Saluti,
    Francesco

  2. vale

    purtoppo l’ho firmata ieri, o così o ritornavo a casa.. a quando la petizione? Berlusconi come al solito deve far andare avanti i soldi sulle spelle dei lavoratori.. e l’italia va a rotoli e c’è chi sventola ancora il ricordo di una destra che ormai è morta.. rassegnatevi i tempi belli stan finendo

  3. Evo

    Proprio oggi, al termine del mio contratto di apprendistato, all’atto di passare al contratto a tempo indeterminato ho fatto la scoperta di questa orrenda cosa…
    E non sò cosa fare, se non subire…