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Diritto di critica | April 19, 2024

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Sudan: la guerra civile è alle porte - Diritto di critica

Sudan: la guerra civile è alle porte

Non si placano gli scontri nello stato del Nilo Azzurro, una delle 15 regioni in cui è suddiviso il paese. Dopo una settimana di conflitti tra le forze militari del governo sudanese e i ribelli, la prospettiva di una guerra civile sta divenendo realtà. Oltre al conflitto irrisolto in Darfur e alla recente guerra nei Monti Nuba (scontro tra Khartoum e Sudan meridionale per il controllo del petrolio), le ribellioni sembrano estendersi dal confine occidentale con il Ciad all’estremità orientale, vicino all’Etiopia.

Le forze ribelli, in alcune zone del Nilo Azzurro, hanno combattuto durante la guerra civile con i rivoluzionari del Sudan meridionale, il Movimento di liberazione del popolo sudanese (SPLM). Poco è stato fatto dal 2005, anno della firma del Comprehensive Peace Agreement, mediato dagli Stati Uniti, per trovare una soluzione al conflitto. Mentre i rivoluzionari del Sudan meridionale hanno potuto festeggiare, grazie all’accordo di pace, la propria indipendenza, gli alleati nei Monti Nuba e nel Nilo Azzurro non hanno potuto fare altrettanto.

Ultimo obiettivo dell’offensiva militare sudanese è il neo-eletto governatore del Nilo Azzurro Agar Malik (capo del Movimento di liberazione del Nord e comandante delle forze militari nel paese). Nel primo giorno di combattimenti, l’esercito sudanese ha preso il controllo della capitale dello stato, Damazin. Agar, illeso, si trova nella parte meridionale del paese, con le sue milizie. La prossima guerra potrebbe nuovamente scatenarsi per i Monti Nuba? Ora, non è chiaro esattamente chi abbia fatto scattare la scintilla nel nuovo conflitto del Nilo Azzurro. Sia il Movimento di liberazione che il governo sudanese da settimane hanno allestito uno scenario di guerra, ingaggiando una corsa agli armamenti e ostentando la propria forza militare. Nei giorni scorsi i due eserciti si sono attestati lungo i rispettivi confini. “Non è importante chi abbia scatenato il conflitto – dice a Time magazine un diplomatico -, tanto sarebbe scoppiato comunque”.

Secondo gli accordi di pace del 2005, i ribelli del Nilo Azzurro e dei Monti Nuba avrebbero dovuto obbedire all’esercito di Khartoum e, in cambio, il governo sudanese avrebbe fornito loro equipaggiamento e pagato gli stipendi. Adesso che il paese è spaccato in due, il governo sudanese ha sospeso i rifornimenti ai ribelli. Se dovesse scoppiare una guerra di dimensioni totali, il Sudan meridionale sarebbe chiamato a fare una scelta difficile: abbandonare i vecchi amici e continuare a mantenere buone relazioni con il nemico di Khartoum, oppure rischiare una guerra civile in tutto il paese.

Il Presidente del Sudan, Omar al-Bashir (già incriminato per genocidio), potrebbe reprimere con il sangue la rivolta nel Nilo Azzurro, con i bombardamenti nei villaggi, scatenando una guerra etnica e violando ripetutamente il diritto internazionale, come già fatto in Darfur. Il Movimento per la liberazione del Nord si sono alleati con i ribelli del Darfur, anche combattendo al loro fianco nei pressi dei Monti Nuba. Le fazioni di ribelli del Nord puntano a un indebolimento di Bashir, ma per riuscirci veramente dovranno avere l’appoggio dei partiti dell’opposizione di Khartoum e del Movimento per la liberazione del Sud. Nel caso questa alleanza divenisse effettiva, potrebbe crearsi anche una nuova forza politica e militare all’interno del paese.