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Diritto di critica | April 19, 2024

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Germania: adesso la comunità turca comincia a fare meno paura - Diritto di critica

Germania: adesso la comunità turca comincia a fare meno paura

di Alessandro Proietti e Maria Chiara Cugusi

L’istantanea che ha fatto il giro del mondo: la cancelliera Angela Merkel negli spogliatoi che stringe la mano a Mesut Ozil, calciatore turco naturalizzato tedesco, autore del gol che ha deciso la partita Germania – Turchia. Il centrocampista del Real Madrid ha segnato la rete dell’1-0 nel finale di partita l’8 ottobre del 2010, tra i fischi dei supporter della numerosa comunità turca e la gioia dei sostenitori tedeschi.

Nato da genitori turchi emigrati a Gelsenkirchen, nel cuore della Germania industrializzata lungo i fiumi Ruhr e Reno, ‘Super-Ozil’ (come è stato ribattezzato da alcuni quotidiani tedeschi) è il calciatore che più di tutti incarna le nuove generazioni di cittadini teutonici, con chiare origini turche. In un paese di 81 milioni di abitanti, la comunità turca è quella più corposa e, talvolta, quella che attira su di sé il maggior risentimento: sono tre milioni i cittadini turchi o tedeschi con radici turche. Il 30 ottobre scorso, Angela Merkel e il premier turco Recep Tayyip Erdogan hanno festeggiato il 50esimo anniversario del ‘Patto di Reclutamento’ per lavoratori turchi in Germania, un accordo che ha piantato il seme della comunità turca in Europa.

Firmato il 30 ottobre del 1961, ha consentito alla Germania di incrementare a dismisura la produzione industriale, servendosi di manodopera turca. Contrariamente a quanto si pensava, recenti studi hanno dimostrato come l’iniziativa di cooperazione tra i due paesi sia venuta dalla Turchia, piuttosto che dalla Germania (che ha accettato la proposta su invito degli Stati Uniti, per motivi di politica estera). Domenica scorsa, decine di emigrati e i loro familiari a Istanbul sono saliti su un treno speciale per commemorare il primo viaggio di ‘tre giorni’, compiuto dai migranti turchi nel 1961 per arrivare a Monaco di Baviera. “Non è stato facile – ha detto al Time il presidente del parlamento turco Cemil Cicek – per la Germania diventare la più forte economia europea del dopoguerra”. I lavoratori turchi furono reclutati in tutta la Turchia, specie nei piccoli villaggi. Nessuno di loro parlava il tedesco, né immaginavano che sarebbero rimasti in Germania una volta terminato il loro contratto di lavoro. Quando nel 1973 fu annunciata la fine dell’emigrazione per fini lavorativi, c’erano già 750mila turchi, per lo più uomini, e circa la metà sono rimasti.

Prima dell’accordo con la Turchia, la Germania aveva già stipulato intese analoghe con altri paesi: l’Italia nel 1955 e la Grecia nel 1960. I turchi accettarono fin da subito i lavori più umili e il giornalista Gunter Wallraff a metà degli anni ’80 ha posto l’attenzione sullo sfruttamento dei lavoratori turchi e sulle loro precarie condizioni di vita. Tuttora, gli immigrati turchi e i loro discendenti sono agli ultimi posti in termini di alfabetizzazione, istruzione, tenore di vita e occupazione. Tuttavia, negli ultimi anni c’è stato qualche miglioramento: nel 2000 la Germania ha reso più facili le pratiche di naturalizzazione e concessione della cittadinanza. Anche nella percezione dei cittadini tedeschi qualcosa sta cambiando.

I Verdi, il terzo partito politico per importanza, è guidato da Cem Ozdemir, il primo legislatore di origine turca eletto in Parlamento nel 1994. Divenne, inoltre, presidente del partito nel 2008, al motto di ‘Yes We Cem’. L’importanza della comunità turca è stata certificata dalla stessa Merkel: “Sono diventati parte del nostro paese”, ha detto la cancelliera nel suo ultimo video messaggio. Imprenditori come Vural Oger (con la sua azienda turistica ‘Oger Tours’, acquisita da Thomas Cook nel 2010), registi come Fatih Akin, attori come Mehmet Kurtulus e scrittori come Feridum Zaimoglu, stanno dando lustro alla Germania. La recente ascesa della Turchia in politica estera ha una doppia valenza: da un lato il tasso di crescita annuo si aggira intorno al 9%, dall’altro si sta allontanando dall’Europa, virando verso il mondo arabo.

Alcuni leader politici turchi stanno mettendo in guardia gli immigrati e i loro discendenti dal pericolo dell’assimilazione: sarebbe preferibile che i giovani imparassero prima il turco rispetto al tedesco. Mercoledì scorso, il premier Erdogan, parlando al tabloid Bild, ha criticato la Germania che non ha riconosciuto l’enorme contributo di 72mila imprenditori turchi, capaci di creare 300mila nuovi posti di lavoro. Erdogan ha chiesto alla Merkel maggior sostegno alla candidatura della Turchia per entrare nell’Unione Europea. Un anatema per la cancelliera (e il suo partito) che preferirebbe offrire alla Turchia un ‘partenariato privilegiato’.