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Diritto di critica | March 29, 2024

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Contratti a progetto, quando le aziende ne abusano - Diritto di critica

Contratti a progetto, quando le aziende ne abusano

Dopo lo stage, attualmente il contratto più gettonato in Italia è quello a progetto. I datori di lavoro abusano largamente di questa tipologia contrattuale per eludere la normativa vigente relativa al lavoro subordinato e per sfruttarne i conseguenti vantaggi fiscali.

Cos’è il contratto a progetto. Molto spesso gli stessi datori di lavoro non conoscono, o ignorano, le caratteristiche di questo tipo di contratto e trattano i contraenti come fossero soggetti ad un rapporto di lavoro di tipo dipendente. Il contratto a progetto invece è tutt’altro. Nato con il d.lgs. 276/2003, noto come Legge Biagi, in sostituzione del precedente co.co.co. (collaborazione coordinata e continuativa), il contratto a progetto o co.co.pro. (collaborazione contributiva per programma) ha lo scopo di regolare una prestazione di lavoro a tempo determinato riconducibile ad un progetto specifico e non può contenere riferimenti generici. Non ha quindi alcun senso, per esempio, l’assunzione di un operatore telefonico con un co.co.pro non esistendo alcun tipo di obiettivo specifico alla cui realizzazione è legata l’origine del contratto.

Nessun orario di lavoro. Il collaboratore non può e non deve essere considerato in alcun modo come un lavoratore dipendente in quanto è unicamente vincolato al raggiungimento del risultato per cui è stato stipulato il contratto. Questo significa che non ha obblighi di orari o di luoghi. Nella maggior parte dei casi invece, i collaboratori sono soggetti a specifici orari e devono garantire la loro presenza sul posto di lavoro. Tuttavia, questa autonomia nella gestione del lavoro per la realizzazione del progetto non significa la completa indipendenza del collaboratore che deve comunque coordinare le proprie attività con il committente. In questo tipo di contratto, inoltre, due terzi dei contributi vengono versati dal datore di lavoro e un terzo dal lavoratore.

La conversione in contratto a tempo indeterminato. Non essendovi un vincolo temporale, è totalmente irrilevante il numero di ore e di giorni che il collaboratore ha impiegato per raggiungere il proprio obiettivo. il collaboratore non può quindi essere retribuito in base alle ore di lavoro effettivo. Quando il contratto non presenta l’indicazione di uno specifico progetto o quando il giudice accerti che il collaboratore sia effettivamente soggetto ad un rapporto di tipo subordinato allora il co.co.pro. si trasforma automaticamente in contratto a tempo indeterminato. Se i “falsi” contratti a progetto dovessero essere convertirti in contratti di lavoro subordinato il costo per l’impresa aumenterebbe del 35% al quale andrebbe aggiunto il costo della sanzione, quello del risarcimento al lavoratore che va dalle 2,5 alle 6 mensilità, ed i costi necessari per adeguare i compensi al lavoratore dopo la conversione del contratto.

Gravidanza e malattia. La gravidanza, la malattia e l’infortunio del collaboratore a progetto non comportano l’estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo. In caso di gravidanza, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di centottanta giorni.

Meno garanzie e più obblighi per i contraenti dei “finti” contratti a progetto, costretti a seguire orari d’ufficio ma che non godono né di ferie né sono pagati in caso di malattia. I falsi co.co.pro. sono inquadrati come “precariato fraudolento” e costituiscono una delle tante piaghe del mercato del lavoro italiano che si spera sia presto limitata con la riforma Fornero.