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Diritto di critica | March 29, 2024

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Il Decreto Sviluppo passa, ma senza il Pdl

Il Decreto Sviluppo passa, ma senza il Pdl

La Camera approva il Decreto Sviluppo, un pacchetto di misure economiche che dovrebbe risollevare l’Italia sul medio periodo. Ma le contestazioni sono tante, a cominciare dal voto. Il governo ha dovuto porre la fiducia – incassandola – ma metà del PdL si è tirato indietro al momento di esprimersi: ben 93 assenti nelle file berlusconiane. Tutto il peso politico della misura cade quindi sul Pd, lasciato solo a sinistra da Vendola e Di Pietro.

Non basta la fiducia per compattare il Paese dietro Monti. Il premier ha ottenuto l’approvazione del suo pacchetto economico a larga maggioranza, ma è ben lontano dal successo. Se il ricorso alla fiducia ha evitato il rischio di “franchi tiratori”, non ha potuto rinsaldare il suo consenso. Il Pdl, svicolando gli impegni presi, si è presentato a ranghi vistosamente ridotti: solo 106 deputati su 209, la metà. Gli altri erano assenti, in missione, non pervenuti. Qualche altra defezione tra gli autonomisti del SudTiroler Volks Partei (che prima vota la fiducia e poi passa all’opposizione con i pugliesi di Vendola al momento del voto sul decreto legge) e qualche astenuto, portano i numeri al confortante margine di 450 sì su 226 necessari all’approvazione. Ma su chi ricade il peso politico del provvedimento?

Il Pd è stato l’unico partito a sostenere in modo compatto Monti. La scelta rispecchia in parte un’effettiva approvazione delle misure economiche previste (in particolare, sulle infrastrutture e sugli incentivi alla Green Economy): ma anche la necessità di capitalizzare un sostegno ormai irrinunciabile fino alle prossime elezioni. Bersani non può scaricare Monti senza portare a casa qualche successo (magari piccolo e dilazionato) dopo le drastiche decisioni sulle pensioni e sul lavoro. E alcune voci prettamente di sinistra nel Dl Sviluppo ci sono: la lotta ai call center delocalizzati, per esempio, che Cgil e Cisl di settore portano avanti ormai da anni – senza successo. E le concessioni – più di forma che di sostanza – alla Ricerca universitaria, che potrà cercare fondi privati e pubblici con un’ampia gamma di strumenti finanziari. A doppio taglio.

Terremoti. Ci sono poi gli interventi per i due terremoti, l’Aquila e l’Emilia. Il capoluogo abruzzese passerà da settembre alla gestione ordinaria, dopo 3 anni di commissariamento straordinario. Significa tornare – finalmente – ad un sistema partecipato tra Protezione Civile e Comuni, ben diverso dal “metodo Bertolaso”. E i fondi per ricostruire non verranno imbrigliati nei patti di stabilità. Per l’Emilia “solo” si prevedono 79 milioni di euro per la ricostruzione del cratere: poca cosa, considerando che l’Ue ne stimava qualche mese fa almeno 5 miliardi.

A consuntivo, il dl Sviluppo cambierà lentamente l’Italia. Oltre 40 provvedimenti del testo, infatti, entreranno in vigore dopo la legislatura. Con tutti i rischi del caso.