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Diritto di critica | April 19, 2024

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Casalinghe, pensionati, inoccupati: fotografia del nuovo povero italiano

Casalinghe, pensionati alla fame, lavoratori in nero o occasionali. I nuovi poveri fotografati dalla Caritas Diocesiana non sono barboni ma potrebbero diventarlo: sono italiani con una casa, una famiglia e (un tempo) un lavoro, che non riescono più ad arrivare a fine mese. Dramma di una nuova classe sociale, diseredata ma non sconfitta: gente che, anche mendicando un pasto gratis, cerca di sopravvivere. Con lavori occasionali, microprestiti della Speranza e buoni lavoro.

Su tre poveri in coda davanti alla Caritas Diocesiana, nel 2011, uno era italiano. Ha chiesto un posto per dormire, un pasto caldo, spesso un aiuto a trovare lavoro. La percentuale di stranieri, solo 3 anni fa, era il 78%: ora sono scesi al 66%, gli italiani aumentano. E non è un boom di senzatetto, come si potrebbe pensare: nelle file davanti ai centri diocesiani diminuiscono homeless e disoccupati (rispettivamente -10,2 e -16%)  per far posto ai nuovi poveri. Casalinghe, pensionati, anziani. L’82% di chi bussa alla Caritas un domicilio ce l’ha, la metà è coniugata, il 53% sono donne. E’ una nuova classe sociale che non rientra nelle previsioni del nostro Welfare, né quella tradizionale né nelle creative social card di berlusconiana memoria.

Non c’è grande rassegnazione, però. Chi va in Caritas chiede aiuto, non sussistenza. E lo dimostra il boom, contemporaneo, dei buoni per il lavoro occasionale. Sono dei voucher da 10 euro, che l’Inps vende ai datori di lavoro per pagare lavoratori occasionali, includendo già le ritenute previdenziali. Introdotti nel 2008, sono quadruplicati in 4 anni e raddoppiati in appena 6 mesi dall’inizio del 2012: ora ne vengono consumati ogni anno 15,7 milioni. A beneficiarne, i lavoratori semi-disoccupati, che vanno a prendere 2 o 3 voucher per giornata lavorativa –  in un anno, significano in media 780 euro a testa.

E’ pochissimo, e non salva i poveri dalla loro condizione di povertà. Ma è un segno. La gente vuol darsi da fare. E’ piegata ma non disperata. Accetta di tagliare le spese sull’impossibile, di andare ad elemosinare un pasto alla mensa dei poveri e di esser pagata con dei buoni-lavoro (come buoni-pasto) quando possibile. Eppure non vende casa per cercare un affitto (quando ce l’ha) e mangiarsi l’ultima ricchezza residua, né si butta a peso morto su spalle familiari. Ci prova.