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Diritto di critica | March 29, 2024

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Onu riconosce la Palestina, anche l'Italia per il sì

Membro osservatore non partecipante dell’Assemblea delle Nazioni Unite. Sembra una sciocchezza, ma è il primo riconoscimento formale dello Stato di Palestina. Uno Stato che non ha territorio da 65 anni, che non ha un esercito né un’economia autonoma. Uno Stato che ha soltanto un popolo e una volontà di esistere. Il riconoscimento costerà caro: Tel Aviv considera l’atto “ostile e velenoso”. Ma ci sono anche israeliani che applaudono il voto Onu.

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Vittoria schiacciante. L’approvazione della Risoluzione è arrivata a larghissima maggioranza: 138 sì su 193 delegati. Da oggi lo Stato di Palestina è registrato presso il Palazzo di Vetro e fa parte della comunità internazionale di diritto, oltre che di fatto. Una decisione forse piccola, e di certo poco efficace sulla vita quotidiana di israeliani e palestinesi, visto che non ha alcun effetto legale diretto. Ma che apre le porte dei trattati internazionali al popolo palestinese. Potrà quindi ricorrere alla Corte penale internazionale contro i crimini di guerra di Israele (se non quelli passati, di certo quelli futuri).

Occidente diviso, ma l’Italia dice sì. Europa e America si sono scoperte lontane e spaccate sul voto. Washington ha sostenuto l’alleato israeliano, votando no: “il riconoscimento allontana la pace”, dicono. La Germania si è astenuta, l’Inghilterra anche. Hanno approvato la mozione la Spagna e la Francia. L’Italia ha votato sì. Per la prima volta da vent’anni, la politica di amicizia verso Israele non ha fermato il nostro Governo (che ha incassato bene la “forte delusione” manifestata dall’ambasciatore israeliano Prosor). Il resto del mondo (Paesi Emergenti, Africa e Asia) si è compattato sul sì, non è difficile immaginare il perché.

Qualche entusiasta del voto Onu c’è anche in Israele, nonostante tutto. In 300, questa notte, hanno festeggiato in piazza a Tel Aviv l’Ammissione palestinese, con slogan e striscioni inneggianti alla pace e alla giustizia tra i popoli. Una mano tesa che il Governo Netanyahu non condivide: per l’esecutivo la risoluzione è “velenosa e ostile”. E allontanerà le possibilità di pace. Il motivo che viene addotto è semplice: la formula dei due Stati, già approvata dagli accordi di Oslo tra Rabin e Arafat, non è più accettabile per l’establishment israeliano. Netanyahu e Lieberman (ora scavalcato a destra dall’ancor più estremo Yachimovich) sono convinti che uno Stato di Palestina, per sua stessa natura e a prescindere da chi lo guiderà, costituisce il preludio per l’estinzione di Israele. Avallare sia pure gradualmente la nascita di questo Stato è quindi un atto contro Israele. Ma se non cambia il contesto internazionale (a bilanciare uno squilibrio evidente tra i due contendenti), quali possibilità restano alla pace?

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