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Diritto di critica | April 19, 2024

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E per il Quirinale torna in gara Romano Prodi

ProdiDopo il voto la partita più importante da giocare sarà quella per il Quirinale. Mario Monti aveva a novembre il posto assicurato al Colle, come lui stesso ha confermato recentemente in una trasmissione televisiva. Ma il Professore, alla fine, ha deciso di scendere in campo (o di “salire in politica”, come preferisce dire), si è sporcato le mani e ha perduto l’occasione di svolgere un ruolo comunque importante in questa fase del nostro Paese: il padre nobile; un sigillo di garanzia verso la comunità internazionale.

Da Professore a Professore. Dopo aver intrapreso un ruolo attivo come leader della coalizione centrista, le sue quotazioni per il Colle sono precipitate, anche se non del tutto dissolte. È bastato poco per far resuscitare un altro Professore, ultimamente un po’ dimenticato: Romano Prodi. Fondatore del Partito democratico, ma ancor prima presidente della Commissione europea, oggi il prof bolognese lavora per l’Onu e, nel tempo libero dispensa consigli a tutti. Anche a Matteo Renzi.

Quando Prodi fu oscurato da Monti. Il suo nome per il dopo-Napolitano aveva circolato con insistenza due anni fa, proprio quando il governo Berlusconi mostrava i primi cenni di cedimento con la fuoriuscita di Fini & co. Ma l’arrivo sulla scena politica di Mario Monti, nominato immediatamente senatore a vita dal Presidente della Repubblica – quasi a voler sottolineare il suo ruolo terzo nel panorama politico – aveva fatto calare di molto le chance di Prodi di salire al Colle.

Ma non sarà un’elezione scontata. Mario Monti avrebbe potuto diventare il prossimo Presidente della Repubblica con una maggioranza vastissima e avrebbe ottenuto un tributo da quasi tutte le forze politiche. Prodi, invece, non potrà sperare in un plebiscito. Anzi, pur essendo oggi il favorito, non ha affatto l’elezione in pugno. Certamente potrà avere i voti di Sel e Pd. Poi è probabile che avrà anche i voti dell’Idv (se la lista Ingroia riuscirà a superare la soglia di sbarramento alla Camera) e di alcuni parlamentari del centro montiano. L’elezione sarà più complessa soprattutto se al Senato il centro-sinistra dovesse non avere la maggioranza. A quel punto non conteranno i meri numeri delle Camere riunite in seduta comune. Conterà soprattutto la diplomazia messa in campo per definire i rapporti di forza di una maggioranza che si creerà in Parlamento. Dipenderà anche dal risultato finale portato a casa da Mario Monti. Se invece alla fine dovesse risultare il caos in Senato senza una maggioranza chiara o addirittura con un’improbabile ma non del tutto impossibile vittoria di Berlusconi alla Camera, le chance di Prodi sarebbero ridotte al lumicino.

In piazza, un errore. “Non ho fatto calcoli, sono andato in piazza perché era importante”, ha così commentato il professore bolognese ad un suo collaboratore la scelta di mostrarsi in pubblico e prendere la parola al comizio del Pd in Piazza del Duomo a Milano, dove i democratici si giocano tutto. “Adesso è in gioco il futuro dell’Italia, non posso restare a guardare”. Eppure la sua scelta di prendere parte ad una manifestazione politica rischia oggi di rimettere in gioco la palla che la discesa in campo di Monti aveva mandato in tribuna. Sì, perché la sua presa di posizione rischia di trasformarsi in un ostacolo alla sua elezione, soprattutto nell’eventualità di dover cercare voti in Parlamento al di fuori del centro-sinistra. Ed è importante per il Pd riuscire ad avere sul Colle una figura “amica” in un momento difficile per l’economia italiana e soprattutto in una situazione di forte instabilità politica che potrebbe emergere dopo il voto. Alternative credibili, in effetti, non ce ne sono.

twitter: @PaoloRibichini

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