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Diritto di critica | April 20, 2024

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Precari e scontenti, la flessibilità all'italiana

Precari e scontenti, la flessibilità all’italiana

Diversamente occupateFlessibilità in cambio di lavoro. Questo era ciò che era stato promesso. Abbandonare l’idea del posto fisso, lavorare ogni giorno con poche garanzie e tante insicurezze ma avere un’occupazione. Questo era il motivo per cui in Italia è stato importato il modello della flessibilità lavorativa, come necessità di adattare il paese alle nuove esigenze economiche. Ma la situazione, di fronte alla crisi, anziché migliorare è peggiorata e oggi c’è sempre più flessibilità ma anche sempre meno lavoro.

Più flessibilità, meno produttività. Lavorare sapendo che il contratto durerà ancora poco. Lavorare come e forse più degli altri, ma avere un contratto diverso, uno stipendio inferiore e nessun diritto. Difficile sentirsi parte dell’ufficio, della squadra. Difficile metterci tutto l’entusiasmo e l’impegno possibile. Andarsene quando si sono riusciti a stabilire i legami con i colleghi, l’intesa con i fornitori, quando le procedure sono state assimilate nel migliore dei modi. A quella stessa scrivania si sono sedute tante persone e continueranno ad esserci nuovi nomi e nuovi indirizzi email assegnati, perché assumere a tempo indeterminato costa troppo al datore di lavoro. Eppure, più c’è flessibilità meno è la produttività. A livello europeo è stato infatti stimato dall’Eurostat che la “la precarietà è causa stessa del declino economico”.

Quando la flessibilità è solo una scusa. In Italia oggi, la flessibilità ha perso di significato. Utilizzata dai datori di lavoro come un escamotage per pagare meno tasse, non presenta alcuna motivazione produttiva. Lasciati a se stessi i lavoratori precari vanno avanti senza diritti e spesso solo con doveri che spettano esclusivamente ai lavoratori dipendenti, tanto che in molti non sanno neanche che con un co.co.co o co.co.pro, non c’è l’obbligo di presentarsi tutti i giorni in ufficio e di rispettare gli orari lavorativi. Non sanno che un’ora di permesso o un giorno di malattia non dovrebbero essere scalate dallo stipendio. Eppure tutto questo è solo teoria. Parole rimaste scritte in una legge che in pochi rispettano.

Quasi nessun ammortizzatore sociale è previsto per compensare la flessibilità. Nessun premio salariale per chi convive con l’incubo della scadenza del contratto. Terminare un lavoro per iniziarne un altro. Ma un altro lavoro non c’è e per questo i giovani italiani preferiscono la monotonia del posto fisso. Capaci di far tutto ma specializzati in niente, i lavoratori precari e mal pagati non possono sicuramente contribuire pienamente al miglioramento del sistema economico. Importanti risorse completamente sprecate da un paese che non sa investire sul suo futuro.

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Comments

  1. stabilizzare i precari per rilanciare l’economia nel nostro paese: propongo
    di astenersi per tutta una sttimana da qualsiasi tipo di acquistodi un
    prodotto tipo (ad es. lo yogurt) con il motto NO AL LAVORO CON UNA DATA
    DI SCADENZA