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Diritto di critica | April 19, 2024

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Alitalia nel mirino di Air France

Alitalia nel mirino di Air France

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Scritto da Francesco Rossi

Stavolta la tanto decantata “italianità” di Alitalia sembra davvero essere arrivata al capolinea. I conti sono in profondo rosso, e questo rende la compagnia tricolore un boccone ambito dai competitor mondiali, primo fra tutti Air France – KLM. Il vettore transalpino potrebbe realizzare adesso l’operazione che gli sfuggì per un soffio nel 2008; e stavolta potrebbe anche concedersi il lusso di dettare condizioni dure e di sborsare molti meno soldi.

Profondo rosso. Quando, tra il 2008 ed il 2009, una cordata di imprenditori italiani guidata da Colaninno diede vita alla CAI (Compagnia Aerea Italiana) e rilevò le attività di Alitalia soffiandole ad Ar France, l’evento fu salutato da più parti con entusiasmo. Per la compagnia italiana sembrava iniziare una nuova vita. Oggi, 5 anni dopo, è chiaro a tutti che le cose sono andate diversamente. Alitalia, pur non essendo più un’azienda pubblica, continua a macinare perdite. L’emorraggia è costante: 630mila euro al giorno. Ad oggi l’indebitamento accumulato sfiora gli 800 milioni. Il pareggio di bilancio, che sarebbe dovuto arrivare nel giro di due anni, è un miraggio, e a breve i soci saranno costretti a rimettere mano al portafogli per sottoscrivere un aumento di capitale da 400 milioni. Una crisi profonda, quindi, che getta molte ombre sul salvataggio del 2008 e che ridà fiato ai possibili acquirenti esteri. Alla finestra, pronta a farsi avanti, c’è sempre Air France-KLM, che non ha mai digerito l’affare sfumato a pochi passi dalla firma.

Politica ed economia. Nel 2008 l’estromissione di Air France-KLM dalle trattative fu una scelta politica. Silvio Berlusconi costruì parte della campagna elettorale sulla necessità di conservare l’italianità di Alitalia. La compagnia francese aveva già raggiunto un accordo con l’allora premier Romano Prodi, ma la vittoria del centrodestra fece saltare il banco e relegò i transalpini al ruolo di spettatori. Quest’operazione, però, costò cara ai contribuenti italiani. Air France, infatti, era disposta a mettere sul piatto 1,7 miliardi per rilevare le attività di Alitalia, oltre ad accollarsi i debiti (pari a 1,2 miliardi) e a garantire il mantenimento del marchio e dell’autonomia imprenditoriale. Nella trattativa con CAI, invece, gli asset della compagnia furono valutati poco più di 1 miliardo (di cui solo 300 milioni effettivamente versati in contanti) e le passività restarono a carico di una bad company di proprietà pubblica. In sintesi: una perdita, per lo stato italiano, di oltre 2,5 miliardi, senza contare i costi sociali legati a licenziamenti e cassa integrazione, di cui si fece ampio uso.

Il ritorno dei francesi. Oggi a quel danno rischia di sommarsi anche la beffa di un’italianità che andrà comunque persa. Air France è pronta ad acquisire il controllo di Alitalia, raddoppiando il 25% di azioni CAI che detiene, acquistate nel 2009. Cinque anni, però, non sono passati invano. La compagnia francese parte da una posizione di forza e ha tutta l’intenzione di farla pesare. L’ipotesi è un esborso molto inferiore a quello proposto nel 2008: poco più di 300 milioni per acquisire un altro 25% di titoli azionari. E in più, i francesi vogliono una compagnia che abbia già ristrutturato il proprio debito (chiedendo soldi agli attuali azionisti) perchè stavolta non sono pronti ad accollarsi alcuna passività. Quindi, l’operazione che qualche hanno fa poteva essere quasi un’affare, oggi somiglia più a una svendita.

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