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Diritto di critica | March 29, 2024

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Due parole su Rignano Flaminio

Tutti assolti gli imputati per pedofilia, ma resta il cortocircuito di opinione pubblica e media

Tutti assolti. In primo e in secondo grado. La vicenda della scuola di Rignano Flaminio “Olga Rovere” che aveva coinvolto cinque persone – tre maestre, una bidella e un autore tv – imputate per la vicenda dei presunti abusi sessuali denunciati dai genitori dei bambini della scuola materna, si è conclusa con una seconda assoluzione, dopo quella in primo grado da parte del tribunale di Tivoli.

Assolte quindi le maestre Marisa Pucci, Silvana Magalotti e Patrizia Del Meglio, l’autore tv (e marito della Del Meglio) Gianfranco Scancarello e la bidella Cristina Lunerti. Il processo era nato per accuse tremende, contestate a vario titolo e secondo le singole posizioni: violenza sessuale di gruppo, maltrattamenti, corruzione di minore, sequestro di persona, atti osceni, sottrazione di persona incapace, turpiloquio e atti contrari alla pubblica decenza. Poi l’assoluzione, la prima, il 28 maggio del 2012, dal tribunale di Tivoli “perché il fatto non sussiste”. Ieri la seconda assoluzione da parte della III Corte d’appello. A portare avanti l’inchiesta, il pm Marco Mansi, secondo cui almeno 21 bimbi di età compresa tra i 3 e i 4 anni tra il 2005 e il 2006, sia nella scuola che fuori, erano stati oggetto di abusi sessuali e di “giochi erotici“. All’epoca il Ministro della Giustizia era invece Clemente Mastella.

Questi sono i fatti. Diverso è il linciaggio mediatico che venne fanno ai danni degli allora presunti colpevoli quando scoppiò un caso che tutti – non a caso – ricordano. Sull’argomento il criminologo milanese Luca Steffenoni scrisse un libro “Presunto colpevole”, edito da Chiarelettere, che mette in evidenza la difficoltà della riabilitazione dopo un’accusa tanto infamante: “Bambini diventati adulti in orfanotrofio che denunciano i propri aguzzini – scrive nella prefazione al libro – ovvero psicologi e assistenti sociali che li hanno costretti da piccoli a schierarsi contro il padre per molestie mai avvenute, padri separati in balìa delle ex mogli, maestre tradotte in carcere per l’effetto di psicosi scolastiche che si rivelano del tutto infondate, adulti condannati sulla base di dichiarazioni provate dal solo psicologo durante sedute ipnotiche, innocenti colti da infarto alla lettura della prima sentenza riabilitati «alla memoria» nel processo d’appello”. Il tutto con la complicità dei media che diventano parte della psicosi derivante dall’accusa nera e tremenda di pedofilia, per cui il mostro è tra noi.

Pochi o nessuno – Steffenoni nel suo libro si interroga anche su un altro aspetto importante – notano un particolare fondamentale, relativo alla prevenzione: in una società che considera la pedofilia in modo medioevale, creando il “mostro” e bypassando il concetto di malattia ma sfruttando notizie per demolire mediaticamente i presunti imputati – come sarà possibile per un pedofilo rivolgersi a un medico e ammettere la propria malattia, il proprio disagio? Non accadrà mai se non a fatto compiuto.

Ma la vicenda di Rignano Flaminio dovrebbe far interrogare anche tanta parte del nostro giornalismo, quello dello “sbatti il mostro in prima pagina”. Negli anni, quanto a “prevenzione giornalistica”, anche qui nulla cambia. Si urla, si sbraita, ci si scaglia contro la vittima di turno, succosa e calda preda da titolo di apertura. Salvo poi dover fare i conti con ben due assoluzioni, in primo e secondo grado. Allora scusateci, abbiamo scherzato, abbiamo usato toni da medioevo ma adesso perdonateci: fate finta di niente. Anche questa è disinformazione.

@emilioftorsello

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