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Diritto di critica | March 28, 2024

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Mattarella, che Presidente sarà?

Dal discorso fatto ieri, il nuovo Capo dello Stato non sarà un semplice notaio. Ecco perché

di | 04 Feb 2015Aggiungi questo articolo al tuo Magazine su Flipboard

Un discorso asciutto quello del neo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Poche parole, ma chiare, come forse si sarebbe atteso chi conosce l’uomo. Un discorso non retorico, lo ha definito il suo predecessore al Quirinale, Giorgio Napolitano.
Un momento importante. Il discorso del giuramento, con cui il Presidente della Repubblica inizia il settennato, è sempre uno dei momenti alti della politica. Quando “tutto sembra buono”, tutti si riscoprono un po’ più giusti ed attenti alle istituzioni che devono incarnare. Il tempo in cui si rispolvera l’orgoglio per il senso più profondo del servizio reso alla nazione.
Giovani e politica. Le parole di Mattarella hanno avuto una forte connotazione sociale e, pur ripercorrendo il dettato costituzionale, lo hanno attualizzato nei problemi dell’oggi, lasciando da parte i formalismi e le tecnicalità politiche. Il suo richiamo all’unità e a una politica che non sia qualcosa di distante dal corpo dei cittadini martoriato dalla crisi, è stato netto e costante. Mattarella si è schierato dalla parte dei giovani e delle donne e, con uno spirito ecumenico, ha parlato del lavoro che manca e della drammatica disoccupazione, di meritocrazia, di inclusione sociale dei ceti più emarginati, di scuola come forma più lungimirante di futuro del Paese. In nome della legalità ha ribadito la necessità di una lotta di tutti contro la mafia e la corruzione endemica. Ha parlato di libertà nel senso più largo, da quella religiosa minacciata dal terrorismo e dall’integralismo, a quella della stampa che deve essere libera e non univoca.
Aperture verso i grillini. Il discorso del giuramento ha toccato tutti, dal Papa di cui ha ricordato le forti parole contro i corrotti, alla comunità ebraica commossa per il ricordo del bimbo di due anni morto nell’attentato alla sinagoga di Roma. Ha usato parole care a molte forze politiche quando ha parlato di sveltire la giustizia e di riportare a casa i marò. Ha voluto dare un segnale di pacificazione ai grillini, che con Napolitano hanno avuto un rapporto pessimo, rendendo omaggio ai giovani parlamentari e alla loro indignazione, riconoscendo più volte l’importanza dei nuovi mezzi di partecipazione (rete) e comunicazione. Addirittura auspicando, in un passaggio che pochi si aspettavano da un vecchio Dc, un’Italia più tecnologica e moderna.mHa ringraziato tutti, dalle forze dell’ordine all’esercito, dai cittadini provati dalla crisi, fino agli imprenditori che non mollano. Ha rimarcato il bisogno di far finalmente ripartire l’economia, senza dimenticare però che la democrazia va difesa tutti i giorni a cominciare dalla tutela della dignità umana, massima espressione della nostra Costituzione.
Che Presidente sarà? Adesso, dopo gli applausi scroscianti ed il miele sparso in ogni dove, la politica plaudente riprenderà il suo corso interrotto dalla deviazione per il Colle chiedendosi ancora che tipo di Presidente sarà Sergio Mattarella. Il dubbio rimane grande, anche se alcune parole del suo discorso hanno fatto drizzare le antenne più di altre ad una classe dirigente in cerca di un nuovo assetto. Innanzitutto quando ha parlato del ruolo dell’arbitro che “è e sarà imparziale”, ma a patto di poter contare sulla correttezza dei giocatori. Non è poco a ben intendere. Significa dire, “io sarò l’arbitro che, specie dopo l’interventismo di Napolitano, tutti auspicate. A patto che voi mi mettiate nelle condizioni di essere solo un arbitro e di non dover entrare in campo per giocare, o, peggio, per prendere una posizione contraria rispetto ad un’altra”. Ma c’è stato anche il richiamo alle riforme, viste come processo auspicabile e da condurre in porto senza ripensamenti o ritorni al passato. La via è tracciata e nessuna restaurazione è possibile, ma si dovranno comunque fare i conti con un nervo scoperto del sistema politico italiano: l’annoso problema della decretazione d’urgenza che troppo spesso scavalca la centralità della dialettica parlamentare. Un primo colpetto a quel modo di fare politica ormai invalso da anni e così diverso dalle intenzioni dei padri costituenti. Un rimando da far gelare i polsi a Renzi e far spellare le mani a una Rosy Bindi qualsiasi.
Primo nodo: il decreto “salva Berlusconi”. In un attimo la mente corre all’articolo 19 bis del decreto attuativo della delega fiscale, il famoso provvedimento salva Berlusconi, che come è stato annunciato sarà riproposto quanto prima e per il Presidente della Repubblica potrebbe essere il primo vero nodo da sciogliere. Chi lo conosce lo descrive come un uomo che non ama intervenire. Lo fa solo se costretto. Molto più spesso preferisce prevenire facendo opera di moral suasion sui propri interlocutori. In molti, dietro agli applausi e ai sorrisi, già vorrebbero chiedergli che farà. Ma per oggi non è ancora il caso di parlarne.