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Diritto di critica | March 17, 2024

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Sanremo 2019, il Festival confuso tra noia e (pochi) lampi di luce

Baglioni aveva promesso di evitare polemiche e pensare alla musica e alle canzoni, ma il risultato d'insieme, fino ad adesso, è piuttosto deludente

A prescindere dagli ascolti e dal (blando, blandissimo) monologo di Bisio in difesa della libertà d’espressione del direttore artistico Baglioni, le prime serate del Festival hanno regalato sbadigli e confusione. Anche se qualche sprazzo di luce, finalmente, c’è stato: ospiti che ci hanno ricordato come si canta (Mannoia, Mengoni, Cocciante), un’incursione piacevole della Hunziker, il duo irriverente Pio e Amedeo, che pur nel loro stile tamarro hanno almeno fatto intravedere un tocco di “politicamente scorretto” con una battuta dietro l’altra. Ma in generale il tentativo di rendere la kermesse (puntate tra l’altro ancora più lunghe, uno stillicidio) leggera e autoironica con fare spigliato e battute scontate l’hanno resa finta, e quindi piuttosto pesante. Martedì, dopo la prima di infinite ore, ancora non si era capito se il Festival fosse iniziato o no. In pratica, andavano tutti di corsa ma la serata allo stesso tempo non passava mai.

Conduzione a caso Non c’è più di tanta sincronia tra Baglioni (defilatissimo, momenti di amarcord con le sue canzoni a parte) e il duo Virginia Raffaele – Claudio Bisio. Smorfie, finta nonchalance e acconciature da rivedere, la Raffaele e il suo indubbio talento non si accordano molto, a loro volta, con le altrettante smorfie e risatine del collega, rimasto ai tempi di Zelig, ok, solo che a Sanremo non puoi mangiarti le parole e presentare un superospite con lo stesso tono e la stessa fretta che useresti per dire: «Vado a spostare un attimo la macchina». L’intenzione di conduttore e co-conduttori era probabilmente quella di velocizzare i tempi e dare ritmo, ma ripetere di continuo “Andiamo avanti, che devono esibirsi 24 cantanti” e “un applauso non va mai interrotto” non ha aiutato. Tra entrate di corsa sul palco, uscite e scambi di battute, insomma, si è percepita l’assenza di una gestione autorevole, di un vero conduttore che amalgamasse il tutto, evitando una irritante confusione.

Il livello delle canzoni Ai primi ascolti, i brani dello scorso anno erano migliori. Tra gli interpreti, le regine sono state due: una Patty Pravo (seppur malamente agghindata) che pareva passata lì per caso, e Loredana Bertè, graffiante e agguerrita come sempre, che più cantava più mostrava le sue notevoli gambe, senza però far distrarre dalla voce potente e d’altro livello. Per lei, nella seconda serata, una meritata standing ovation, che l’ha trasformata in un attimo in un superospite. Dopo qualche stecca dei cantanti (il web impietoso sull’errore di Arisa, che mercoledì ha saltato una parte del testo) e la musica troppo alta della prima serata, le interpretazioni e le voci sono migliorate. Ci sono brani di tutti i generi: alcuni ti restano in testa ma probabilmente ne usciranno presto (Nek, Ghemon, Achille Lauro, una scontata Paola Turci), altri sono fin troppo in linea con gli stili di chi li canta (Negrita, Renga, un intenso e favorito dai bookmakers Ultimo, Il Volo, che non riesce a svecchiarsi). Interessanti i testi di Simone Cristicchi e quello di Daniele Silvestri, che esprime con intensità il disagio e l’insofferenza di un adolescente d’oggi che si rapporta alla famiglia e alla società.

Buonismo o leggerezza? In attesa della serata duetti e della finale, per ora la 69esima edizione del Festival procede quindi ad intermittenza e non pare destinata a rimanere negli annali: zero polemiche (nonostante il battibecco Baglioni-Salvini prima dell’inizio), poco brio e canzoni dimenticabili. Sarà per la prossima volta.

Comments

  1. Acida Lisergica 🍄

    Basta co sto festival…che palle!