«Noi siamo Telecom Italia». Tranne 2800 - Diritto di critica
Serrare i ranghi, consolare i dipendenti in un momento delicato come quello che sta passando Telecom Italia, nell’occhio del ciclone per l’accusa di riciclaggio della Procura di Roma ai danni della società controllata Sparkle. Una lettera ai 55mila dipendenti, a firma dell’ad Franco Bernabè, è il mezzo scelto per difendere l’azienda dai sospetti gettati dall’inchiesta di questi giorni. Un modo per non farli sentire soli. «Noi tutti facciamo parte di una grande realtà aziendale e dobbiamo esserne fieri. Noi siamo Telecom Italia e abbiamo il dovere di far sì che la nostra reputazione e la fiducia che i nostri clienti ripongono in noi rappresentino le basi solide sulle quali si costruisce il nostro futuro». Un messaggio chiaro, per tutti. Ma forse non per i 2.800 lavoratori del settore informatico di Telecom (IT – Information Technology), i cui sindacati sono stati raggiunti da un’altra lettera, pochi giorni dopo, con cui se ne annunciava la cessione alla controllata SSC Srl. E quei dipendenti non si sentono affatto tranquilli.
La parola d’ordine, presente nell’annuncio dell’azienda di telefonia, è “efficientamento”. La traduzione, presumibilmente, è “tagli del personale”. Il documento del ramo d’azienda IT ha già una data, fissata per il primo aprile. Pochi giorni, quindi, per trovare una soluzione che non lasci nessuno indietro. Dopo lo scandalo Eutelia, questa è un’altra storia di ordinaria follia del mercato del lavoro che però nei media non sta trovando la giusta cassa di risonanza.
Il problema è molto serio, se si pensa che la SSC conta già al suo interno diverse centinaia di operatori e collocarvi all’interno i quasi tremila di Telecom risulta molto difficile, nonostante le rassicurazioni, affatto consolatorie, dell’azienda. Prima, per adeguare il numero di lavoratori alle nuove esigenze, si è parlato di tagli delle consulenze esterne. Poi, di incentivi per la buonuscita, ovvero un’indennità consistente per lasciare il proprio posto. Infine, di contratti di solidarietà, una forma particolare di riduzione dell’orario di lavoro, per evitare il licenziamento, e per usufruire (per un massimo di due anni) della cassa integrazione al 60%. Quest’ultima forma di ammortizzatore è già in uso, da un anno, per i dipendenti Telecom del settore 1254 (il numero a pagamento per avere informazioni sulle utenze telefoniche in tutta Italia, uno di quei sistemi abbondantemente sorpassato da paginebianche.it e affini).
La protesta dei lavoratori continua a salire, nella quasi indifferenza generale. Lo sciopero generale indetto dalla CGIL venerdì ha visto in tutta Italia interventi specifici delle rappresentanze sindacali del settore comunicazione (SLC) che hanno esteso la protesta dalle 4 ore previste a 8 ore complessive. In settimana dovrebbe cominciare, invece, una mobilitazione sindacale unitaria.
Ulteriori segnali che rendono quanto mai vani i tentativi dell’azienda di tranquillizzare i propri lavoratori è quello del rapporto con le istituzioni. La Regione Puglia, ad esempio, ha offerto incentivi a Telecom, condizionati dalla garanzia che i lavoratori pugliesi (circa 400) non venissero toccati, risponde risposta negativa dalla società di Bernabè.
I presupposti non sono affatto buoni. La lotta si profila dura.