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Diritto di critica | March 18, 2024

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Il calcio dei debiti: così le società sopravvivono ai passivi milionari - Diritto di critica

Manchester United in rosso dopo l’ultimo esercizio societario che al 30 giugno 2010 segnava – 83, 6 milioni di sterline. Liverpool che rischia una penalizzazione di nove punti in Premier League se entro il 15 ottobre prossimo non verrà perfezionato il passaggio della società alla New England Sports Ventures, condizione necessaria per il saldo dei 280 milioni di debito contratto dalla Kop Holdings con la Royal Bank of Scotland.

Questa è la fotografia del calcio d’oltremanica assediato dai debiti ed assistito più di una volta dai petrodollari sauditi. Sia il Manchester United, in mano al magnate americano Malcom Blazer, che i “reds” di Liverpool, con gli ex proprietari Tom Hicks e George Gillett, hanno accumulato debiti ingenti alla ricerca dei campioni ed a causa della cattiva gestione societaria.

Nel caso del Manchester United, a condizionare l’esercizio del 30 giugno è stato il pagamento di 40 milioni di sterline di interessi sui debiti precedenti contratti dalla società. A nulla sono valsi i 100 milioni di profitti ed un fatturato complessivo di 286,4 milioni di sterline, frutto in gran parte del merchandising.

Il Liverpool, invece, rischia l’amministrazione controllata e, secondo i parametri fissati dalla Premier League, potrebbe rischiare una penalizzazione che getterebbe la squadra all’ultimo posto in campionato. Il club, infatti, sta risentendo in maniera negativa delle vicende societarie e sul campo la squadra è riuscita a conquistare appena sei punti dopo sette giornate.

Il Chelsea di Roman Abramovich nel marzo scorso ha ripianato gli 821 milioni di euro di debiti, trasformandoli in azioni detenute dal magnate russo.

Il Manchester City nel 2008 è stato acquistato dal principe emirato Mansur con l’obiettivo di investire nel Regno Unito, rendendo l’altro club di Manchester una delle società più importanti del vecchio continente. Dì lì a poco sono iniziate le faraoniche campagne acquisti, con poca attenzione ai bilanci societari. Solo nell’ultima sessione sono stati spesi circa 100 milioni di sterline.

L’Aston Villa, altro club prestigioso della Premier League, è di proprietà del magnate americano Randy Larner, mentre l’uomo d’affari cinese Carson Yeng, per arrivare al Birmingham City, si è inventato un espediente attraverso una Holding alle isole Cayman.

E in Italia? La presenza di investitori stranieri nel nostro campionato è stata fortemente osteggiata, o per lo meno scoraggiata, nel corso della storia.

Nel caso della Roma si è parlato in passato di investitori russi ed americani, ma la proprietà della società è rimasta negli anni nelle salde mani della famiglia Sensi. Tuttora, nel periodo di interregno targato Unicredit, sono molte le voci che si susseguono. Una di queste sussurra di un flebile interessamento da parte di un “potente” investitore cinese, che potrebbe correre da solo o affiancare Giampaolo Angelucci, “il re delle cliniche”, altro potenziale acquirente che negli ultimi tempi sembra essersi defilato.

L’accordo famiglia Sensi-Unicredit, con la società che di fatto è passata nelle mani del colosso di piazza Cordusio, si è reso necessario dopo i pesanti debiti accumulati dalla Roma nel corso degli anni. La vendita della società ha subito un pesante rallentamento in seguito alle dimissioni dell’ex ad Alessandro Profumo alla guida di Unicredit. E ieri il presidente Rosella Sensi ha ricevuto una telefonata dai dirigenti della banca, Fiorentino e Peluso, che hanno imposto una dilazione dei tempi per la costituzione della Newco, suscitando qualche mugugno da parte della numero 1 giallorossa.

Per quanto riguarda le altre società di vertice, Milan ed Inter hanno alle spalle proprietari all’altezza di garantire aumenti di capitale per ripianare debiti di gestione, anche se nell’ultima sessione di mercato la parola d’ordine è stata austerità o autofinanziamento. Vendere prima di comprare, in vista anche del fair play finanziario tanto caro al presidente dell’Uefa Michel Platini.

Nel resto dell’Europa la situazione non è delle migliori. A cominciare dalla Spagna, dove più volte è stata minacciata l’applicazione della “Ley Concursal”, ovvero l’avvio di un procedimento fallimentare.

Soltanto il 15% delle società è in regola con il pagamento degli stipendi ed i debiti accumulati tra Liga e Segunda Division (la nostra serie B) ammontano a circa 3.300 milioni di euro. E su questa cifra il governo iberico ha annunciato di non poter garantire alcun apporto economico.

Comments

  1. baugigi

    ad esempio, una squadra apposto finanziariamente è il livorno, e infatti è in serie B.

    per vincere devi fare i debiti e poi sperare negli aiuti delle tv o fare le solite manovre losche tipo il caso lentini del milan di anni fa o magari licenziare operai come faceva la juve di agnelli.