Feltri e Belpietro liberi a "Libero" - Diritto di critica
L’editoria pura è rara nelle testate italiane. Quasi sempre, pur di non affidarsi a imprenditori o finanziatori esterni, i giornali devono contare sui contributi pubblici, mostrando il fianco a critiche per le eccessive elargizioni che non costringono a confrontarsi con il mercato e a difficoltà nel momento in cui lo Stato decide di diminuire i fondi stessi, come nel caso de Il Manifesto e Liberazione a rischio chiusura per i tagli di Tremonti. A raccogliere la sfida e a scommettere su un quotidiano non controllato sono Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro, almeno a giudicare dall’occhiello dell’editoriale della scorsa settimana del direttore di Libero: «Padroni del nostro giornale». Dopo anni di lontananza, i due hanno deciso di unire le forze decidendo non solo la linea editoriale di Libero ma diventandone gli editori. Le quote acquisite, sommate, arrivano però solo al 20%. Il padrone, quindi, rimane ancora la famiglia Angelucci.
Il 21 dicembre Vittorio Feltri ha lasciato il Giornale dove era direttore editoriale, dopo la sospensione per tre mesi decretata dall’Ordine dei giornalisti fino al 3 marzo 2011 (ridotta rispetto ai sei mesi originari). «Poiché desidero non essere un peso per la redazione e per l’azienda, né mi piace stare con le mani in mano – si legge nelle righe dell’ex direttore – cambio mestiere: mentre sconto la «pena» (il bavaglio) che mi impedisce di scrivere articoli, faccio l’editore. Poiché non posso farlo qui, dato che ce n’è già uno, e molto valido, mi trasferisco a Libero, di dove sono venuto, che mi ha offerto la possibilità di cimentarmi nel ruolo, appunto, di editore (oltre che di direttore editoriale) accanto a Maurizio Belpietro». Una sorta di «cura prescritta dal medico (perché) se non lavoro, mi sento morire». La risposta di Sallusti, ringraziato come Paolo Berlusconi e i lettori, è stata lapidaria:
Caro Direttore,non conosco il tuo dottore, avrei preferito ti fossi curato con altre medicine. Ma non giudico e rispetto. Faccio mio il tuo prezioso consiglio sui lettori, ti auguro una pronta guarigione e ti ringrazio di tutto quello che hai fatto per me e per noi.
Apparentemente, la separazione tra i due è parsa indolore e all’insegna del fair play. Eppure nei numeri de Il Giornale successivi all’uscita di scena del giornalista bergamasco, neppure una riga è stata spesa né di commiato né tanto meno di critica. Appare curioso, però, che dalla home page del sito ufficiale del quotidiano sia scomparsa l’iniziativa di supporto a Feltri contro il giudizio dell’Odg, ora raggiungibile solo tramite i motori di ricerca.
Gli obiettivi dichiarati dalla “nuova” coppia del giornalismo sono quelli di rinforzare il sito di Libero (ancora debole rispetto ai concorrenti e troppo legato all’acquisto del quotidiano online), esprimersi indipendentemente dall’influenza berlusconiana (il fratello Paolo è editore de Il Giornale) e rimpolpare la squadra redazionale. Il primo colpo è il trasferimento di Giampaolo Pansa da Il Riformista (sempre della famiglia Angelucci).
Particolare appare il caso di Filippo Facci, indicato da molti come uno tra i più talentuoso tra le penne di centrodestra, “scappato” a Libero da Il Giornale per evitare le grinfie del mal sopportato Feltri:
httpv://www.youtube.com/watch?v=wNkJFizczWA
Lo stesso Feltri non ha mai amato Facci e tra i due, piuttosto ruvidi nelle esternazioni, sono sempre volati gli stracci. Puntuale, infatti, è arrivata l’offerta di Sallusti, come confermato dallo stesso Facci, per permettergli di compiere il percorso inverso dell’odiato direttore:
La nuova era del giornalismo di centrodestra è partita. Unendo due come Feltri e Belpietro si rischia di avere un autentico schiacciasassi a supporto dell’attuale esecutivo. La concorrenza e, soprattutto, i vecchi amici, direttori, colleghi ed editori sono avvisati.