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Diritto di critica | April 17, 2024

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Morti sul lavoro, il 2011 inizia malissimo - Diritto di critica

Morti sul lavoro, il 2011 inizia malissimo

Solo a gennaio sono morti in 60, tra cantieri, campi e industrie. Due morti ogni giorno. Nel gennaio 2010 erano stati “soltanto” 38, l’aumento è del 57,8%. Soprattutto nei cantieri, dove italiani e stranieri muoiono allo stesso ritmo e per la stessa mancanza di protezioni. Ai dati dell’Osservatorio indipendente di Bologna si somma la denuncia della Fillea Cgil, che punta il dito contro gli ispettori: “sono solo 20 nel Lazio, ogni cantiere viene ispezionato ogni 20 anni”.

Stanno aumentando, è evidente. Le morti sul lavoro e in itinere – avvenute cioè durante il percorso per raggiungere il luogo di lavoro – crescono a ritmo serrato almeno dal 2009. Il 2010 si è chiuso con 1080 morti, di cui 595 soltanto nei cantieri. Rispetto all’anno precedente, questo vuol dire un buon 6% in più su scala nazionale. Soprattutto italiani, visto che la percentuale di stranieri è pari al 10% – come dire, inutile chiudere gli occhi e “sperare che non capiti a noi”.

Gennaio 2011 dimostra che il trend prosegue. Il primo mese dell’anno ha registrato un incremento prossimo al 60% dei decessi sul luogo di lavoro, praticamente un morto ogni 2 giorni. Altrettanti lavoratori (56, per la precisione) sono morti “per strada” nello stesso periodo. La regione che registra più vittime è la Sicilia con 8 morti: solo a Catania ne sono morti 5. Appena meglio Campania, Emilia Romagna e Lombardia, con 6 morti, e Veneto con 5.

Gli ultimi casi sono avvenuti il 2 febbraio,  tra Milano e Benevento. Nel capoluogo pugliese una fabbrica di fuochi d’artificio è esplosa uccidendone il proprietario Ruggiero De Blase, di 32 anni.  Hanno ritrovato il corpo a cento metri di distanza. A Linate (MI) muore lo stesso giorno Massimo Picone, operaio di 36 anni, schiacciato sotto un muro e arrivato troppo tardi all’ospedale di Garbagnate. A Mihai Toma, operaio romeno di 27 anni, è caduto addosso un nastro trasportatore sospeso, all’interno di un’azienda che ricicla materie plastiche a Cassina De Pecchi.

“Gli ispettori nel Lazio sono solo 20. Con questo numero, assolutamente inadeguato per una regione dove c’è un continuo sviluppo edilizio, se si volessero controllare tutti i cantieri, sarebbe possibile una sola ispezione ogni vent’anni in ciascun cantiere“. Lo denuncia Roberto Cellini, responsabile della Cgil per il settore edilizio nel Lazio. Il sindacato ha presentato nei giorni scorsi una Campagna regionale per la sicurezza nei luoghi di lavoro, con lo slogan “Non si può morire per il pane”. Due mesi di manifesti sempre diversi per riaccendere un’opinione pubblica assuefatta alle cattive notizie, almeno finchè entrano solo in casa d’altri.

Secondo Roberto Cellini, “la maggior parte degli infortuni mortali avviene per il mancato rispetto delle regole nei cantieri“, spesso dettato dal tentativo di “comprimere i tempi e i costi di realizzazione dei lavori”. E, ancora, “le aziende risparmiano prima di tutto sui costi sulla sicurezza del lavoro. Lo fanno per aggiudicarsi gli appalti. Il comune di Roma pratica un ribasso medio del 35-36% negli appalti, aziende come l’Acea arrivano anche al 50%”. Non aiuta la campagna di sensibilizzazione promossa dal Governo: “Fà che questi momenti non restino un ricordo”, che continua a passare sugli schermi televisivi all’ora di cena e sui manifesti. Come se a mettersi in pericolo fossero, volontariamente, gli operai e i lavoratori, intenzionati a provare il brivido del rischio piuttosto che mettere i ponteggi in cantiere. Serve davvero una controinformazione simile?