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Diritto di critica | December 8, 2024

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Italiano, chi sei? - Diritto di critica

di Marco Migliorelli

EDITORIALE – Chi sono gli italiani? Chi siamo? In quest’anno importante perché 150° è una domanda salubre. È bene soprattutto chiederlo a se stessi, senza gravare per una volta sulle risposte di facondi intellettuali da televisione o pagina di giornale. Chi siamo? Siamo principalmente sulla bocca di questi nostri rappresentanti politici che non sono capaci di riconoscerci individualmente, quando ci incontrano in strada, quando siamo “meno di 3 milioni”. La cifra necessaria affinchè il Parlamento ci riconosca come esistenti lì, fuori, nella piana di Montecitorio. Fra loro, gli italiani si riconoscono ancora. Ed è una sensazione che ho avuto, prima ancora che alle grandi manifestazioni programmate e in corso qui a Roma per questo “caldo autunno”, incrociando l’esperienza di un anonimo cittadino italiano in sciopero della fame, sotto un gazebo, a Montecitorio: Gaetano Ferrieri. Il pellegrinaggio è ad oggi, dopo quasi 100 giorni, costante e non bada alla nazionalità del passaporto. Il risultato è sorprendente se si considera la quasi totale omertà dei media nazionali. “Cominciamo bene” – su RAI3 – ha aperto una mattina con un servizio su Ferrieri ma il successivo dibattito sui costi della politica, scaduto nella retorica, ha solo confermato l’enormità della distanza che intercorre fra casta e popolo. Benvenuti nella Repubblica delle parole.

Scrive Josif Brodskij: “un uomo, quando è libero, non dà la colpa a nessuno”. Gli italiani son bravi a darne ed è qui il punto: Ferrieri ha il pregio, innegabile, di aver agito. E ci ricorda che la politica è volontariato. Fatti. Concretamente percepibili nel vivere sociale, in un paese gravemente privo di immaginazione, prigioniero nel deserto del “buonsenso”, manca forse quella sana dose di creatività – se non visionarietà-, che ci rende liberi di trovare spunti utili per una riflessione personale.

Chi sono allora gli italiani. Un popolo rifugiato nell’ombra ormai rimossa dal corpo cui appartiene? Oppure siamo forse più attaccati per abitudine e fede – strumentalizzata! – ai vecchi conflitti ideologici che ci dividono, nelle piazze (negli stadi?!) come nella ritualità vuota del voto? Un voto che, ditemi, da quando non cambia realmente alla radice la nostra situazione nazionale?

S’insinua allora il dubbio che queste vecchie abitudini siano più importanti del voler anche soltanto (per paura?) considerare l’ipotesi di un reale, drastico, positivo cambiamento che pure auspichiamo ogni volta che caliamo nelle strade sotto l’egida rassicurante di vessilli partitici e sindacali. Eccoli allora gli italiani del secondo tempo. Privati di una cultura del cambiamento. Allevati nell’ortodossia dello status quo. Ma davvero spesso incapaci di ascoltare e pensare liberi, così come la Costituzione li riconosce? Cosa fare? Ferrieri, a differenza di tanti rivoluzionari del web sta agendo concretamente e prova a darla una risposta: ripartire da se stessi. Dalla propria singolarità sociale. Eppure nel web si chiama in causa la sua vicenda professionale, la sua vita privata; chissà perchè poi, non ci sono logge, nè intercettazioni, nè conti all’estero che possano esaltare l’hobby ormai diffusissimo dell’indignazione senza fine, che accetta la quotidianità dell’orrore sociale e criminale con l’abituale voracità di un accanito lettore di romanzi: ma non agisce. Manca persino l’immorale coloritura “rosa” tanto cara alla stampa e capace più del crimine, di scuotere l’opinione pubblica.

Ci si attacca all’aridità priva di immaginazione del dato così come alla necessità di un referto medico che attesti la realtà di un digiuno reale. Fermi tutti: Ferrieri è solo un uomo. Ma il simbolo?

Occorre una rivoluzione, sì: ma nelle teste, a mezzo di una spontanea presa di coscienza, di una spontanea adesione. “Disintossichiamoci”. Eccoli allora gli italiani “del primo tempo”, quelli che sono italiani prima di essere altro. Italiani che camminano sulle proprie gambe. Da dove ripartire dunque: dalla propria coscienza finalmente libera e pronta ad un concreto dibattito nazionale o ancora una volta dal palazzo blindato del Parlamento in cui la sovranità delegata dal popolo è diventata un privilegio di casta?

E’ populismo questo? La riflessione consiste nel chiedersi se non siano più care le leadership di bandiera rispetto alla possibilità concreta di ottenere una coesione senza precedenti. Mi chiedo perchè nessun leader, anche di quelli per loro ammissione vicinissimi al popolo, abbia esortato i propri numerosi accoliti a riunirsi al Presidio degli Italiani con il solo tricolore. Così fosse avremmo una coesione potenzialmente paragonabile allo storico voto referendario del 1946 che ha portato l’Italia (non solo degli uomini ma anche delle donne), ad essere Repubblica. Fu sulla base di una ricostruita macchina istituzionale che venne innestato il dibattito nazionale. Oggi è nuovamente tempo di un cambiamento di questo tipo.

Occorre quindi riformare nel profondo le istituzioni prima di tornare a innestarvi idee e proposte: prima di poter ricominciare un concreto dibattito nazionale che non sia come è ogni volta, una anomala pantomima di intrighi di palazzo, ormai lontanissima come una remota galassia dei peggiori romanzi di fantascienza dalla realtà dei bisogni nazionali e dalla drammaticità della nostra situazione economica. Populismo?

La demagogia come anche il populismo cessano laddove chi parla condivide “la carne” ossia la concretezza del destino economico, sociale, culturale delle moltitudini cui si rivolge. Di questo genere di persone abbiamo bisogno. Questa nostra intera classe politica è un’entità avulsa alla nostra sorte. Non è il loro futuro che si discute. Qualche sogno intanto, s’avventura ancora di bocca in bocca. Democrazia dal basso, come insegna l’Islanda, la cui rivoluzione è stata talmente pacifica e non-violenta da meritare il silenzio dei media, con buona pace della deontologia e di chi ancora quando non si limita a studiarla, addirittura la applica.

Un’utopia? Ferrieri, moderno Don Chisciotte, rivela l’Italia all’Italia, scuote la realtà dietro la connivenza del sonno comune. Ma quella di Ferrieri deve essere la missione di ogni italiano. Continui a ridere chi non capisce. Ha scritto Unamuno sull’eroe di Cervantes: “Soltanto chi mette a prova l’assurdo è capace di conquistar l’impossibile”. E questo noi possiamo ben farlo.