Genova e Cinque Terre, un disastro che (non) si poteva evitare

A parte i 500 milioni di euro spariti dall’ultima Finanziaria per la prevenzione del rischio idrogeologico, quella dell’Italia è una situazione da “morte annunciata”. Sul sito della Protezione Civile nazionale e di Legambiente, ad esempio, è possibile leggere decine di report annuali sul rischio frane, alluvioni e esondazioni nelle zone più esposte del nostro Paese. Così come uno studio aveva evidenziato tutti gli edifici a rischio dell’Aquila, in caso di terremoto.

Si tratta di fotografie chiare e razionali della situazione del rischio in Italia. In Liguria, ad esempio, il 98% dei comuni è catalogato “a rischio idrogeologico”, stessa percentuale per una regione come il Lazio, in Piemonte,  invece, “si scende” all’87%. E le amministrazioni comunali cosa fanno? Poco. In molti casi niente. E non per mancanza di buona volontà ma di fondi. O si attende il disastro, oppure stanziare le risorse – che andrebbero quindi nel bilancio ordinario e non emergenzialenecessarie a delocalizzare popolazioni, industrie e quartieri siti in zone potenzialmente a rischio, è praticamente impossibile: non ci sono soldi. Dopo l’eliminazione di tasse come l’Ici e a seguito dei tagli che hanno colpito gli Enti locali, i comuni hanno sempre meno risorse per far fronte a situazioni di potenziale pericolo. E se prima operazioni di questo genere erano rare, adesso sono quasi del tutto inesistenti.

Sul totale dei comuni italiani, infatti, Legambiente fa sapere che solo il 6% ha delocalizzato abitazioni di cittadini in zone a rischio mentre il 3% ha trasferito impianti industriali. Va meglio, invece, sul fronte delle opere e della messa in sicurezza: la percentuale sale al 69 per cento. Provvedimenti, però, che possono migliorare una situazione, non certo assicurare una copertura assoluta dai rischi.

Secondo Legambiente, inoltre, sarebbero almeno 43 i miliardi necessari a mettere in sicurezza il territorio italiano (27 al Centro-Nord, 13 al Sud, 3 per gli interventi di recupero delle coste). Una cifra che dà la tara del baratro di immobilismo in cui da anni è caduto il nostro Paese.

Finché i comuni e gli Enti locali continueranno ad essere vittime predestinate dei tagli in Finanziaria, la situazione difficilmente potrà cambiare. Senza soldi, i sindaci potranno al massimo chiudere le scuole in caso di potenziale rischio di piena. Ma da qui a mettere in sicurezza zone in cui si è costruito dove non si poteva, ce ne passa. In attesa del prossimo disastro.

Di Emilio Fabio Torsello

Giornalista professionista, 30 anni, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 2006. Mi occupo di tematiche inerenti la legalità, la cronaca giudiziaria (imparando dal "maestro" Roberto Martinelli), l’immigrazione e la politica. Collaboro con il mensile Narcomafie, con alcune testate del Gruppo Sole 24 Ore e in particolare con Il Sole 24 Ore del lunedì e Il Sole 24 Ore "Roma", con Il Fatto quotidiano e con Roma Sette (Avvenire). In passato ho lavorato (stage) presso la redazione Ansa di Bruxelles e ho collaborato con la redazione aquilana dell'AGI e con il portale del sole 24 Ore, Salute24. Sono l'autore del blog EF's Blog, sulla piattaforma Wordpress