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Diritto di critica | December 8, 2024

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Israele-Iran, l'inquietante somiglianza degli attentati - Diritto di critica

Israele-Iran, l’inquietante somiglianza degli attentati

di Giovanni Giacalone

Due attentati in meno di ventiquattro ore, di cui uno sventato solo grazie alla prontezza di un addetto dell’ambasciata, hanno posto in stato di allarme le autorità israeliane.

A Nuova Delhi un’auto della diplomazia israeliana è esplosa non lontano dalla residenza del primo ministro e quattro persone sono rimaste ferite, tra cui la moglie di un diplomatico israeliano, il suo autista e alcuni passanti. La stessa donna avrebbe notato una moto con un uomo a bordo che, avvicinatosi, avrebbe attaccato qualcosa alla vettura. A Tiblisi invece la tragedia è stata evitata grazie all’autista che, accortosi di uno strano pacco attaccato sotto l’auto diplomatica israeliana, avrebbe avvisato la polizia. L’involucro contenente una bomba a mano è poi stato disinnescato.

Le autorità israeliane affermano di aver sventato ulteriori attentati negli ultimi mesi, contro propri obiettivi in Azerbaijan, Turchia e Tailandia ed è proprio tra Bangkok e Kuala Lumpur che sarebbero anche stati arrestati tre cittadini iraniani trovati  con materiale esplosivo all’interno di un’abitazione nella capitale thailandese. Materiale simile a quello utilizzato per gli attacchi a Nuova Delhi e Tiblisi e, a quanto pare, anche in questo caso i pacchetti esplosivi sarebbero dovuti essere collocati da delle moto in corsa. Uno dei tre terroristi sarebbe stato ferito a una gamba da una granata durante la tentata fuga.

Questi attacchi hanno un qualcosa di inquietante in quanto le modalità operative sono stranamente simili a quelle utilizzate negli attentati ai danni degli scienziati iraniani coinvolti nel progetto nucleare del regime di Teheran, ben quattro negli ultimi due anni.

Lo scorso gennaio infatti Mostafa Ahmadi-Roshan perse la vita, assieme al suo autista,  in seguito all’esplosione di una bomba attaccata alla sua auto da una moto in corsa. Stessa sorte toccò a novembre 2010 a Majid Shahriari and Fereydoun Abbasi, quando entrambe le auto vennero avvicinate da uomini in moto che vi agganciarono delle bombe fatte esplodere poco dopo.

Shahriari morì sul colpo mentre Abbasi fu ferito e trasportato d’urgenza in ospedale. Nell’attentato vennero ferite anche le rispettive mogli. Massud Ali Mohammadi venne invece ucciso a gennaio del 2010 quando una moto imbottita di esplosivo venne fatta detonare nei pressi della sua abitazione di Teheran.

Se da una parte l’Iran accusa Israele di prendere di mira i propri scienziati per ostacolarne il programma nucleare, dall’altra Israele accusa l’Iran e il suo braccio armato in Libano, Hizbullah, di esportare il terrorismo in tutto il mondo per colpire obiettivi israeliani; fino ad arrivare al paradosso, dove l’Iran accusa Israele di pianificare attacchi contro il proprio personale all’estero per poi dare la colpa all’Iran.

Il presidente del comitato Majilis per la sicurezza nazionale e le politiche estere, Ismail Kowsari, ha recentemente affermato che Israele avrebbe già in passato condotto tali operazioni per richiamare la solidarietà della comunità internazionale, tutto ciò dopo aver sistematicamente assassinato scienziati iraniani”. Il portavoce del ministero degli esteri iraniano, Ramin Mehmanparast, ha invece dichiarato che l’Iran non c’entra niente con gli attacchi e che Israele sta solo cercando di danneggiare i rapporti tra Iran e Tailandia.

Una guerra che non potendo essere ancora, e speriamo mai,  combattuta sul terreno con metodi convenzionali, trova una modalità alternativa, oscura e subdola, dove ad un attacco risponde subito un altro attacco; dove le dinamiche sono molto simili ma nessuna delle due parti in causa ne assume ufficialmente  responsabilità e, anzi, in certi casi accusa addirittura l’altra di “autolesionismo” per richiamare solidarietà e simpatie.

Un folle modo di comunicare, perché in un certo senso anche questa potrebbe essere una tipologia di comunicazione, una dura e perversa tipologia dove le due parti condividono un certo modello di linguaggio, un sistema ben preciso di reciproca interazione, estraneo agli altri ma chiarissimo alle parti in causa. Il problema è che questa tipologia comunicativa sta costando veramente troppe vite.