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Diritto di critica | April 20, 2024

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La donna come simbolo di bellezza, l'energia diventa arte - Diritto di critica

La donna come simbolo di bellezza, l’energia diventa arte

La linea si incurva, si intreccia: parte dall’esterno della tela e si unisce poi al centro del rettangolo per delineare cinque figure femminili. I volti non sono disegnati, mancano i tratti definiti dei lineamenti: piuttosto è dal chiaroscuro e dalle curve morbide che nascono le fattezze e prendono forma le figure, quasi emergendo dal colore.

Donne senza volto, ma che parlano di forza e dolcezza, di genesi e di slancio, di vita e creazione: questo il senso racchiuso nelle cinque tele “Kundalini” del pittore Martin Cambriglia, che il 9 marzo in occasione della Festa della Donna esporrà le sue opere presso il locale Cost di Milano. Di origini argentine, Martin Cambriglia, 29 anni, ha studiato Oboe e Composizione presso il Conservatorio G. Verdi di Milano e frequenta i corsi di illustrazione alla Scuola d’Arte Applicata del Castello Sforzesco: la sua produzione spazia dalle tele al disegno su carta, dall’illustrazione alla grafica. “Kundalini” è un ciclo pittorico sviluppato negli ultimi due anni, in cui lo slancio creativo trova nella figura del corpo femminile – spogliato delle connotazioni strettamente sessuali– la sua rappresentazione più consona e autentica.

Figure femminili svestite della sola valenza erotica e che diventano così il simbolo di un percorso di vita: come è nata l’idea di questo ciclo pittorico?

“L’idea è nata due anni fa, mentre realizzavo una tela per un concorso d’arte. Si trattava di un quadro impegnativo e volevo lasciarmi andare ad un approccio meno calcolatore e più istintivo, così ho iniziato a tracciare alcune linee su un foglio: linee dalle quali si è delineata una figura femminile di grande delicatezza. Alla prima fece subito seguito una seconda, e una terza, e così via: in tutte ho cercato di mantenere lo stesso tipo di slancio e apertura che mi aveva mosso nel primo bozzetto. I quadri sono stati quindi la conseguenza di un’esperienza interiore, non il fine”.

Hai chiamato questi ciclo “Kundalini”: che cosa significa?

““Kundalini” significa energia, una forza primordiale e poderosa: la stessa che ho avvertito in quell’istante approcciandomi alla figura disegnata in quel modo”.

La donna è un soggetto ricorrente nell’arte e nella comunicazione in genere. Che tipo di donna emerge dalle tele “Kundalini”?

“Non ho rappresentato una “donna” in senso stretto quale entità fisica, quanto piuttosto ho cercato di rappresentare diversi aspetti dell’essenza umana, di quell’energia primordiale insita sia nell’uomo che nella donna. Sono diverse manifestazioni dello stesso flusso innato nell’essere umano, che nella figura armoniosa del corpo femminile assume un’immediata comunicabilità”.

Il corpo femminile come simbolo di energia e creazione universale, dunque?

“Esatto. L’intera serie “Kundalini” è un tentativo di rappresentare i diversi aspetti dell’essenza umana, mettendoli in relazione con i colori che si ottengono da un raggio di luce. Per lo stesso motivo le linee che compongono le figure non si limitano al quadro, ma proseguono, idealmente, al di fuori della cornice, così come quest’energia non si esaurisce in un singolo momento. Sono diversi atteggiamenti di un’unica essenza, che tento di esprimere con l’arte”.

Che cosa rappresentano per te l’arte e il disegno?

“La forma, le linee, l’armonia complessiva, le scelte cromatiche…. Dietro il loro utilizzo c’è la mia unica possibilità di comunicazione autentica. Credo in un’arte che non abbia bisogno di parole, che metta a nudo l’umanità e la parte più vera dell’autore in relazione con il suo ambiente: il quadro diventa così quasi una preghiera pennellata pian piano sulla tela, un foglio bianco su cui mi viene data la possibilità di comunicare l’intensità che vivo”.

L’arte può avere ancora, al giorno d’oggi, una sua propria valenza comunicativa?

“Considero l’arte uno strumento potentissimo che va oltre il tempo: l’opera, se nutrita della maggior qualità possibile, diventa capace di assorbire l’intensità con cui viene realizzata ed è questo che nutre sia colui che crea che chi riceve l’impressione. In quelle che considero vere opere d’arte scorre la vita. Dalle sculture persiane a quelle egizie, davanti a un quadro di Leonardo, Monet, Van Gogh, Mucha ma anche alle illustrazioni di Rubino, Mattotti, Boselli: ci sono intensità, cura e amore per quello che si sta realizzando. Sono intrise di attenzione e si percepisce. Ma questo vale tanto per la pittura quanto per le altre forme d’arte, prima tra tutte la musica. Un po’ come la musica si esprime con i suoni, così l’arte si manifesta con ciò che può essere visto: allora mi chiedo, qual è quella cosa che merita di essere comunicata a chi verrà dopo di me e magari non comprenderà il mio linguaggio verbale? Ecco, questa è la valenza universale dell’arte”.

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