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Diritto di critica | April 19, 2024

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Nuovi attentati a Baghdad, l'Iraq in bilico tra sunniti e sciiti

Nuovi attentati a Baghdad, l’Iraq in bilico tra sunniti e sciiti

di Giovanni Giacalone

Nuove violenze tra sciiti e sunniti in Iraq. Una serie di attacchi in diverse parti del paese hanno provocato più di 60 morti ed un numero imprecisato di feriti. I bersagli degli attentati sono ancora una volta i pellegrini sciiti che si erano radunati per festeggiare l’anniversario della morte del settimo imam Moussa al-Kadhim, che cade il prossimo 18 giugno.

Già all’inizio del mese un’autobomba fatta esplodere fuori di un ufficio religioso sciita nella capitale aveva provocato 26 morti e più di 100 feriti. Domenica scorsa un attacco con colpi di mortaio contro un mausoleo sciita aveva causato quattro vittime; nella giornata di mercoledì sono invece esplose numerose bombe sia a Baghdad che nella città meridionale di Hilla dove, oltre ai pellegrini sciiti, è stato colpito anche un ristorante frequentato da agenti di polizia. Nella città sciita di Balad sono poi scoppiate altre due autobombe che hanno causato 4 morti. Non ci sono ancora state rivendicazioni ma gli occhi sono puntati contro gruppi sunniti legati agli estremisti di al-Qaeda che avevano già rivendicato l’attacco di inizio mese all’ufficio religioso.

Da quando le truppe Usa lo scorso dicembre hanno lasciato il paese, le violenze tra le due fazioni islamiche sono incrementate; il fragile governo iracheno può ben poco in quanto profondamente diviso al proprio interno in diversi gruppi, ciascuno dei quali intento a perseguire i propri interessi piuttosto che quelli nazionali.

La situazione è ulteriormente degenerata nel momento in cui il primo ministro Nour Maliki, membro di una coalizione sciita legata al partito Dawa, ha richiesto un mandato di arresto per il vice presidente sunnita Tariq al-Hashemi, con l’accusa di aver finanziato attacchi contro ufficiali di governo e forze dell’ordine durante il periodo dell’insurrezione.

Il premier ha poi bersagliato anche il vice primo ministro Saleh al-Mutlak, il ministro delle finanze Rafi al-Issawi ed ha sollevato dall’incarico numerosi ufficiali e funzionari, tutti sunniti. In molti ritengono che il premier, nel timore di una perdita di influenza sciita nel paese a causa della situazione in Siria ed Iran, stia in realtà cercando di ripulire il governo iracheno da potenziali pericolose presenze sunnite, per poter conseguentemente condurre una politica di appoggio ai regimi di Ahmedinejad e Assad. Non è un caso che il primo ministro si sia dissociato dalla decisione della Lega Araba di emettere sanzioni contro la Siria ed abbia concesso prestiti al dittatore siriano.

Il timore della comunità internazionale è che il paese, dove la componente musulmana si divide tra sciiti al 60% e sunniti al 40% e che si trova in una posizione strategica fondamentale in quanto al confine tra Iran sciita e mondo arabo-sunnita, possa perdere la propria unità nazionale e diventare teatro di violenti scontri tra le due fazioni islamiche, come già sta accadendo in Siria e Bahrein, con tutte le relative e potenziali drammatiche conseguenze.