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Diritto di critica | April 20, 2024

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No-Monti Day, un'occasione persa (per i politici)

Mentre in piazza sfilava l’Italia che contesta austerity e tagli, il mondo della politica si chiudeva sul solito quiz: “Berlusconi resta, se ne va, ritorna?”. Un vuoto d’attenzione colpevole e pericoloso: le migliaia di manifestanti che sabato sono state ignorate dalle televisioni e dai politici sono una forza attiva. Una forza elettorale, puntata verso Grillo: ma anche una forza di protesta, che potrebbe esprimersi di nuovo nella violenza.

La violenza che non c’è stata. Roncobilaccio, sull’autostrada del Sole, sono le 10 di sera di domenica 28 e sta nevicando: nel resto d’Italia nubifragi e bufere. Un corteo di camionette e furgoni della Polizia risale i tornanti, di ritorno a Bologna dopo la trasferta di Roma. Per 2 giorni, nella capitale sono stati concentrati mille agenti di polizia, raccolti dalle questure di Roma, Napoli, Bologna e Firenze. Una concentrazione che doveva impedire il “trionfo dei black bloc”, ovvero il ripetersi delle manifestazioni violente del 14 dicembre 2010 e del 15 ottombre 2011. Una manifestazione di violenza che non c’è stata. Gli scontri sono durati pochi minuti, tra una quarantina di elementi fuori corteo e 2 camionette della Polizia in via Nola, a S.Giovanni. E anche l’occupazione della tangenziale non è andata oltre la mezz’ora. 

Contro l’austerity. “Non si esce dalla crisi commettendo gli stessi errori che l’hanno generata”. Su questo credo, un comitato di oltre 30 soggetti tra sindacati, partiti e associazioni ha lavorato per un mese: il risultato è stato un corteo da decine di migliaia di persone – 150mila per gli organizzatori, 30mila per la questura, come al solito. Ma la capitale si è riempita di operai di Mirafiori, di studenti “fieri di essere Choosy” anti-Fornero e contestatori di Profumo, esodati e pensionati lasciati in braghe di tela dai tagli dell’Austerity. E poi la lotta-simbolo, i No Tav della Val Susa, che riassumono un modo di vedere beni comuni e società in modo antitetico al governo – che proprio nel privatizzare, liberalizzare e svendere cerca il modo di “alleggerire” i conti dello Stato.

Questa gran massa di persone, purtroppo, è stata dimenticata, finita in sordina di televisioni e giornali. Nella mattinata di sabato il balletto di dichiarazioni di Silvio Berlusconi ha occupato “militarmente” le ribalte giornalistiche, i notiziari e i commenti dei diversi partiti. Tutti hanno discusso se B. aveva fatto bene o male a ritirarsi dalla candidatura a premier per il 2013: domanda scontata, a cui rispondevano i sondaggi che lo danno a nemmeno il 12%. Ancora, ci si chiedeva se era giusta o ingiusta la sentenza Mediaset, se è vero che si tratta di una condanna politica, se le primarie sono la strada migliore per il Pdl. E infine se era il caso di staccare subito la spina al governo Monti o no. Illazioni, congetture, fumo. Perché mentre l’Italia che resiste (alla crisi e alle misure anti-crisi, a volte peggiori della malattia) diceva la sua e proponeva un nuovo inizio, il Palazzo rispondeva con battutine e schiamazzi da bar. Non c’era. Non stupisca poi che la fiducia della gente vada nelle mani di Grillo e dell’antipolitica: sono i soli a rispondere pane al pane.