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Diritto di critica | April 19, 2024

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La scuola italiana che cade a pezzi, tutti i numeri degli istituti "non a norma"

L’INCHIESTA – A Ciampino un pezzo di soffitto crolla in una scuola materna, una bambina rimane ferita lievemente. Poteva andare peggio. Ma non è un allarme isolato, è un sintomo grave. Le scuole italiane sono vecchie, 3 su 4 sono state costruite oltre 50 anni fa. Pochi i restauri, i soldi non ci sono mai: e gli istituti scolastici cadono a pezzi.

A scuola ci si può fare molto male. L’incidente di ieri nella scuola materna laziale non è il primo. Dal 2000 in poi, ogni anno l’INAIL registra circa 85 mila infortuni di alunni negli edifici scolastici, tra gli insegnanti altri 5mila l’anno. Pochi di questi sono davvero gravi, ma si ripetono puntualmente: cornicioni che cadono, finestre pericolanti, laboratori non a norma. Soprattutto, strutture usurate e abbandonate a sé stesse, non più in grado di ospitare migliaia di persone ogni giorno per anni. Per l’Associazione  nazionale dei Comuni italiani, si tratta di “un’emergenza nazionale”.

A settembre il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato alcuni dati aggiornati sull’edilizia scolastica. Su circa 36mila edifici scolastici, solo 9mila sono stati costruiti dopo il 1961. E’ appena il 25% del totale. Il resto degli immobili risale al dopoguerra, oltre ad un 4% addirittura del secolo precedente. Significa che il 75% delle nostre scuole non è stata costruita nel rispetto delle leggi antisismiche, nella prevenzione degli incendi e nelle norme di sicurezza. Ma c’è di più.

Se per fortuna l’89% degli istituti scolastici intervistati dal Miur ha fatto fare una valutazione dei rischi – obbligatoria per legge, solo il 17% ha ottenuto il CPI, ovvero il Certificato di prevenzione incendi. Non è facile ottenerlo, perché devono essere soddisfatti tutti i requisiti (scala antincendio, sistema idrico di spegnimento, estintori portatili, allarmi antincendio, segnaletica e quadri elettrici a norma), ma stiamo parlando di scuole – dall’asilo ai licei, dove passano metà della loro vita i nostri figli. Peggio ancora in caso di terremoto: un edificio su 3 è  a rischio e non ha alcuna misura preventiva per farvi fronte. E poi la ciliegina sulla torta: nel 17% delle scuole c’è ancora amianto. Le bonifiche vanno a rilento, sempre per lo stesso motivo: mancanza di fondi.

I dati – incompleti e parziali – presentati dal Miur servivano, a settembre, a giustificare il Piano di riqualificazione dell’edilizia scolastica. Un investimento governativo da  680 milioni di euro volto a ristrutturare e mettere in sicurezza 1565 scuole, considerate le più a rischio. In realtà si tratta di istituti di 4 regioni del Sud Italia – Campania, Calabria, Sicilia e Puglia – rientranti nel Piano Convergenza: eppure il problema è ovunque, in tutto lo Stivale.

I soldi però non bastano. Il piano del Miur copre appena il 4% delle scuole: soltanto quelle a rischio sono dieci volte tanto. A ristrutturare le scuole dovrebbero pensarci i Comuni, proprietari nella stragrande maggioranza dei casi (9 su 10). Ma i Comuni non hanno denaro, le Regioni nemmeno. L’Emilia Romagna, fino a qualche anno fa, spendeva in media 18mila euro l’anno per la manutenzione di un singolo edificio: oggi se ne può permettere solo 10mila. Il Piemonte è passato da 15 a 5mila euro in dieci anni, e si prevedono altri tagli in Liguria e Lombardia.

Il problema è anche come vengono usati i soldi. I fondi stanziati per interventi straordinari rischiano di finire nei meandri della burocrazia. Nel 2002 vennero previsti per legge (la 289/2002) 474 milioni di euro per le scuole del Molise colpite dal terremoto. Nel 2006 ancora non erano stati stanziati i fondi, ad oggi l’erogazione è incompleta. In Abruzzo non va meglio. Intorno all’Aquila le scuole sono state abbandonate, con le crepe nei muri e i soffitti pericolanti: si fa lezione in strutture arrangiate o in prefabbricati. In attesa di denaro che non arriva.

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