La lista Tsipras e le femministe a targhe alterne
La responsabile della comunicazione Paola Bacchiddu pubblica ironicamente su Facebook una foto sexy. Ed è subito polemica
Una foto. Punto. Una foto in bikini e il lato B in mostra. È questo l’argomento politico principale del fine settimana. E per fortuna che ci sono stati gli scontri di Roma che almeno ci hanno fatto parlare di altro, di serio. È la foto della responsabile della comunicazione della lista Tsipras, Paola Bacchiddu, che ha pubblicato sul suo profilo privato di Facebook. Ma si sa, in rete di privato non c’è proprio nulla. E quindi non poteva che accadere l’ “irreparabile”.
Ma quale campagna. “È iniziata la campagna elettorale e io uso qualunque mezzo”. Sotto al post la foto. Apriti cielo. Si è scatenato un furioso dibattito tra chi accusa la Bacchiddu di usare il proprio corpo per fini politici e chi è pronta a difenderla nel nome del femminismo a targhe alterne: “Il corpo è mio e ci faccio quello che voglio io”. Con questo triste slogan i sostenitori della lista Tsipras hanno difeso l’ “iniziativa” della loro responsabile della comunicazione, pubblicando sui social proprie foto osé. Peccato solo che non si tratti di un’iniziativa (come in molti sostengono), ma di un semplice post sbagliato in un momento sbagliato.
Un post di troppo. “Era solo un post leggero sul mio account personale. Non credevo di scatenare questo casino”, scrive la Bacchiddu su Twitter, fugando ogni dubbio. Perché se si fosse trattato di una campagna voluta, quella foto sarebbe finita quantomeno sul profilo ufficiale della lista, visto che la stragrande maggioranza degli elettori non sapevano fino a due giorni fa chi fosse la responsabile della comunicazione di Tsipras. Certo, un errore di valutazione. Perché chi usa i social media e ha certe responsabilità dovrebbe quantomeno conoscere l’effetto virale di certe immagini legate a certe affermazioni (anche se ironiche). Ma basta, finisce lì.
Femministe a targhe alterne. Invece no. Tutti pronti – o quasi – a difendere l’ “iniziativa” di Paola con una campagna perché spogliarsi è bello. Beh, è bello se chi guarda vede un corpo asciutto e tonico. Come quello di una Minetti qualunque. La vera provocazione (e su questo lanciamo una proposta ai “comunicatori”) sarebbe stata quella di pubblicare donne brutte e grasse in pose sexy. Una gallery così su Repubblica non si nega a nessuno e non ci sarebbero state tutte queste polemiche. Ma le stesse persone che oggi sono pronte a difendere la non-iniziativa della Bacchiddu sono le stesse che ieri crocifiggevano Nicole Minetti, Mara Carfagna e Michela Brambilla, e più recentemente il ministro Elena Boschi. Si può difendere una presunta campagna “ironica” (ma di campagna, sappiamo, non si tratta) dove il lato B fa il giro dei giornali e dei siti web, solo perché è un lato B, dopo aver insultato la Minetti e la Carfagna per le foto sexy e la “mercificazione del proprio corpo”? A sinistra, si può. Ancora più ridicoli i colleghi che dalle colonne di giornali e dai blog delle testate online dicono: “L’ha fatto per disperazione, i media non danno spazio alla sua lista”. Lei lo ha fatto per riderci su e basta. Senza valutare le conseguenze in un Paese che naviga a vista tra bigotti e femministe a targhe alterne.
Ventotene, bye bye. Il risultato? Un boomerang. Perché questo errore doveva semplicemente essere minimizzato. Mentre proprio i sostenitori della lista hanno continuato a buttare benzina sul fuoco, su un argomento vuoto e completamente lontano dai temi delle elezioni europee. Così, l’iniziativa di Barbara Spinelli ieri a Ventotene, dove il padre scrisse e firmò il Manifesto, il primo documento fondativo dell’Europa unita, è passato quasi sotto silenzio. Scarsa partecipazione e solo uno spicchio di un minuto e mezzo nei tg.
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Lista Tsipras
Una foto. Punto. Una foto in bikini e il lato B in mostra. È questo l’argomento politico principale del fine settimana. E per fortuna che ci sono stati gli scontri di Roma che almeno ci hanno fatto parlare di altro, di serio. È la foto della responsabile della comunicazione della lista Tsipras, Paola Bacchiddu, che ha pubblicato sul suo profilo privato di Facebook. Ma si sa, in rete di privato non c’è proprio nulla. E quindi non poteva che accadere l’ “irreparabile”.
Ma quale campagna. “È iniziata la campagna elettorale e io uso qualunque mezzo”. Sotto al post la foto. Apriti cielo. Si è scatenato un furioso dibattito tra chi accusa la Bacchiddu di usare il proprio corpo per fini politici e chi è pronta a difenderla nel nome del femminismo a targhe alterne: “Il corpo è mio e ci faccio quello che voglio io”. Con questo triste slogan i sostenitori della lista Tsipras hanno difeso l’ “iniziativa” della loro responsabile della comunicazione, pubblicando sui social proprie foto osé. Peccato solo che non si tratti di un’iniziativa (come in molti sostengono), ma di un semplice post sbagliato in un momento sbagliato.
Un post di troppo. “Era solo un post leggero sul mio account personale. Non credevo di scatenare questo casino”, scrive la Bacchiddu su Twitter, fugando ogni dubbio. Perché se si fosse trattato di una campagna voluta, quella foto sarebbe finita quantomeno sul profilo ufficiale della lista, visto che la stragrande maggioranza degli elettori non sapevano fino a due giorni fa chi fosse la responsabile della comunicazione di Tsipras. Certo, un errore di valutazione. Perché chi usa i social media e ha certe responsabilità dovrebbe quantomeno conoscere l’effetto virale di certe immagini legate a certe affermazioni (anche se ironiche). Ma basta, finisce lì.
Femministe a targhe alterne. Invece no. Tutti pronti – o quasi – a difendere l’ “iniziativa” di Paola con una campagna perché spogliarsi è bello. Beh, è bello se chi guarda vede un corpo asciutto e tonico. Come quello di una Minetti qualunque. La vera provocazione (e su questo lanciamo una proposta ai “comunicatori”) sarebbe stata quella di pubblicare donne brutte e grasse in pose sexy. Una gallery così su Repubblica non si nega a nessuno e non ci sarebbero state tutte queste polemiche. Ma le stesse persone che oggi sono pronte a difendere la non-iniziativa della Bacchiddu sono le stesse che ieri crocifiggevano Nicole Minetti, Mara Carfagna e Michela Brambilla, e più recentemente il ministro Elena Boschi. Si può difendere una presunta campagna “ironica” (ma di campagna, sappiamo, non si tratta) dove il lato B fa il giro dei giornali e dei siti web, solo perché è un lato B, dopo aver insultato la Minetti e la Carfagna per le foto sexy e la “mercificazione del proprio corpo”? A sinistra, si può. Ancora più ridicoli i colleghi che dalle colonne di giornali e dai blog delle testate online dicono: “L’ha fatto per disperazione, i media non danno spazio alla sua lista”. Lei lo ha fatto per riderci su e basta. Senza valutare le conseguenze in un Paese che naviga a vista tra bigotti e femministe a targhe alterne.
Ventotene, bye bye. Il risultato? Un boomerang. Perché questo errore doveva semplicemente essere minimizzato. Mentre proprio i sostenitori della lista hanno continuato a buttare benzina sul fuoco, su un argomento vuoto e completamente lontano dai temi delle elezioni europee. Così, l’iniziativa di Barbara Spinelli ieri a Ventotene, dove il padre scrisse e firmò il Manifesto, il primo documento fondativo dell’Europa unita, è passato quasi sotto silenzio. Scarsa partecipazione e solo uno spicchio di un minuto e mezzo nei tg.
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