Al voto senza idee. Così gli italiani rischiano di perdere la bussola
Si è conclusa la più brutta campagna elettorale di sempre senza un progetto per il Paese e con l'incubo del populismo
Finalmente questa triste campagna elettorale volge al termine. La peggiore vigilia di sempre. Promesse mirabolanti, spot per elettori cretini. Niente di più. I programmi per le elezioni ci sono e sono spesso infarciti di qualunquismo e parole vuote. Ma nessuno che abbia disegnato l’Italia del domani, che abbia tracciato la linea che indichi la direzione. Ci dobbiamo accontentare della promessa di una flat tax che aiuta i ricchi e rischia di penalizzare i poveri per la necessità di trovare le coperture (tradotto: tagli alla spesa sanitaria e al welfare). Dobbiamo, inoltre, sorbirci le proposte “di sinistra” sull’università gratuita, senza che Liberi e Uguali spieghi come realmente ciò possa risolvere i tre problemi che affliggono il sistema universitario: il diritto allo studio, la spendibilità del titolo di studio e la mancanza di connessioni con il mondo del lavoro. Tutte cose che con le tasse universitarie c’entrano pochissimo. E poi ci sono i migranti. “Un’invasione”, dicono. Come se i malanni di casa nostra siano provocati dall’uomo nero. Ma i temi essenziali come il lavoro, la produttività e il problema demografico non si risolvono con il penoso slogan “Prima gli italiani”. Slogan, appunto, che vanno bene solo per gli elettori cretini.
Tutti contro tutti. Andiamo incontro alle più incerte elezioni dai tempi della prima repubblica. Un ritorno al passato. In campo, però, non c’è Arnaldo Forlani ma Silvio Berlusconi. Ancora lui (che rischia anche di vincere), come nel 1994. A sinistra non c’è più, però, la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, ma partiti e partitini che si fanno la guerra. Poi ci sono loro, i grillini. Indefinibili, indecifrabili e soprattutto forti. Insomma, tutti contro tutti, come nel 1987. Al tempo, dopo il voto, fu nominato presidente del Consiglio il giovane pacato e anonimo Giovanni Goria. Oggi su quella sedia rischiano di finirci due non più giovani ma molto pacati (e un tantino anonimi): Paolo Gentiloni e Antonio Tajani. Per il primo sarebbe una conferma, per il secondo una novità. Ma la poltrona non è per due. Molto dipenderà dalla prestazione del Pd e di Forza Italia. Ma il secondo, stando ai sondaggi, ha più speranze del primo. Romani entrambi, stessa scuola (il blasonato liceo classico Tasso) ma classi diverse. Capi politici di opposte fazioni giovanili. Entrambi ex giornalisti, oggi impersonificano la figura mite che è in grado di unire in un sistema elettorale frammentato.
I candidati. Nonostante una legge elettorale che ha reintrodotto elementi presenti nel Mattarellum come la quota uninominale che dovrebbe favorire la riconoscibilità dei candidati sul territorio, in pochi si sono spesi in campagne nelle piazze e nelle vie. Quasi inesistenti i banchetti e il volantinaggio. Anzi, alcuni partiti come il M5S hanno incentrato tutta la campagna solo sul simbolo e non sui nomi. E pensare che proprio i 5 stelle accusavano la precedente legge elettorale e l’Italicum di non consentire le preferenze, cioè la possibilità da parte dell’elettore di indicare il nome del candidato. L’unica nota positiva è che sono spariti o quasi i manifesti elettorali. Una manna dal cielo per il decoro delle nostre città.
Chi votare? La legislatura precedente è stata una delle più prolifere degli ultimi decenni. Nonostante i tre governi che si sono succeduti siano nati da un compromesso politico e non da una fotografia elettorale scattata nel 2013 (un compromesso che ha visto le forze di centro-sinistra scendere a patti prima con Berlusconi e poi con il fuoriuscito Angelino Alfano), il Parlamento ha votato varie riforme che hanno interessato il mondo del lavoro come il Jobs Act e una legislazione sul fine vita e sulle unioni omosessuali nel campo dei diritti civili. Non hanno visto la luce, invece, lo Ius Soli, stroncato dalla campagna elettorale e la riforma costituzionale, stoppata dal referendum di un anno fa. I risultati economici dei potete vederli qui per capire quanto i governi Renzi e Gentiloni siano riusciti a incidere sulla crisi economica. L’approccio post ideologico suggerirebbe di valutare la forza di governo uscente e decidere se confermarla o sostituirla, in base a quanto realizzato. L’approccio ideologico (diverso da un tempo ma ancora forte), invece, si basa sulla propria visione del mondo. Poco importa se il Pd abbia governato bene o male. Se io non voglio le unioni civili e credo che i migranti siano un grosso problema più che una risorsa, allora voterò per Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Se credo che dietro le vaccinazioni obbligatorie ci siano le grandi multinazionali del farmaco voterò M5S. Se penso che Renzi sia la causa di tutti i mali, voterò Liberi e Uguali. Tutti gli altri saranno rappresentati da Pd, +Europa e dall’area moderata di Forza Italia? Chissà. L’unica certezza è che il partito più votato sarà quello dell’astensione.
COME SI VOTA
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Due schede, per la Camera e per il Senato (solo una per la Camera per gli under 25)
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La scheda è divisa in riquadri. In alto il nome del candidato per la quota uninominale, sotto le liste apparentate.
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Si può votare solo il candidato uninominale dando così anche il voto alla coalizione per la quota proporzionale. (opzione 1)
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Si può votare solo una lista del proporzionale, dando automaticamente il voto anche al candidato collegato all’uninominale. (opzione 2)
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Si può apporre la croce sia al candidato uninominale che su una delle liste apparentate. (opzione 3)
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No al voto disgiunto. Non si può votare un candidato uninominale e una lista non collegata.
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Si vota solo domenica dalle 7 alle 23 (nel Lazio e in Lombardia si vota anche per le regionali)
VOTO CORRETTO
↓ Opzione 1 ↓
↓ Opzione 2 ↓
↓Opzione 3 ↓
↓Voto errato ↓
Finalmente questa triste campagna elettorale volge al termine. La peggiore vigilia di sempre. Promesse mirabolanti, spot per elettori cretini. Niente di più. I programmi per le elezioni ci sono e sono spesso infarciti di qualunquismo e parole vuote. Ma nessuno che abbia disegnato l’Italia del domani, che abbia tracciato la linea che indichi la direzione. Ci dobbiamo accontentare della promessa di una flat tax che aiuta i ricchi e rischia di penalizzare i poveri per la necessità di trovare le coperture (tradotto: tagli alla spesa sanitaria e al welfare). Dobbiamo, inoltre, sorbirci le proposte “di sinistra” sull’università gratuita, senza che Liberi e Uguali spieghi come realmente ciò possa risolvere i tre problemi che affliggono il sistema universitario: il diritto allo studio, la spendibilità del titolo di studio e la mancanza di connessioni con il mondo del lavoro. Tutte cose che con le tasse universitarie c’entrano pochissimo. E poi ci sono i migranti. “Un’invasione”, dicono. Come se i malanni di casa nostra siano provocati dall’uomo nero. Ma i temi essenziali come il lavoro, la produttività e il problema demografico non si risolvono con il penoso slogan “Prima gli italiani”. Slogan, appunto, che vanno bene solo per gli elettori cretini.
Tutti contro tutti. Andiamo incontro alle più incerte elezioni dai tempi della prima repubblica. Un ritorno al passato. In campo, però, non c’è Arnaldo Forlani ma Silvio Berlusconi. Ancora lui (che rischia anche di vincere), come nel 1994. A sinistra non c’è più, però, la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, ma partiti e partitini che si fanno la guerra. Poi ci sono loro, i grillini. Indefinibili, indecifrabili e soprattutto forti. Insomma, tutti contro tutti, come nel 1987. Al tempo, dopo il voto, fu nominato presidente del Consiglio il giovane pacato e anonimo Giovanni Goria. Oggi su quella sedia rischiano di finirci due non più giovani ma molto pacati (e un tantino anonimi): Paolo Gentiloni e Antonio Tajani. Per il primo sarebbe una conferma, per il secondo una novità. Ma la poltrona non è per due. Molto dipenderà dalla prestazione del Pd e di Forza Italia. Ma il secondo, stando ai sondaggi, ha più speranze del primo. Romani entrambi, stessa scuola (il blasonato liceo classico Tasso) ma classi diverse. Capi politici di opposte fazioni giovanili. Entrambi ex giornalisti, oggi impersonificano la figura mite che è in grado di unire in un sistema elettorale frammentato.
I candidati. Nonostante una legge elettorale che ha reintrodotto elementi presenti nel Mattarellum come la quota uninominale che dovrebbe favorire la riconoscibilità dei candidati sul territorio, in pochi si sono spesi in campagne nelle piazze e nelle vie. Quasi inesistenti i banchetti e il volantinaggio. Anzi, alcuni partiti come il M5S hanno incentrato tutta la campagna solo sul simbolo e non sui nomi. E pensare che proprio i 5 stelle accusavano la precedente legge elettorale e l’Italicum di non consentire le preferenze, cioè la possibilità da parte dell’elettore di indicare il nome del candidato. L’unica nota positiva è che sono spariti o quasi i manifesti elettorali. Una manna dal cielo per il decoro delle nostre città.
Chi votare? La legislatura precedente è stata una delle più prolifere degli ultimi decenni. Nonostante i tre governi che si sono succeduti siano nati da un compromesso politico e non da una fotografia elettorale scattata nel 2013 (un compromesso che ha visto le forze di centro-sinistra scendere a patti prima con Berlusconi e poi con il fuoriuscito Angelino Alfano), il Parlamento ha votato varie riforme che hanno interessato il mondo del lavoro come il Jobs Act e una legislazione sul fine vita e sulle unioni omosessuali nel campo dei diritti civili. Non hanno visto la luce, invece, lo Ius Soli, stroncato dalla campagna elettorale e la riforma costituzionale, stoppata dal referendum di un anno fa. I risultati economici dei potete vederli qui per capire quanto i governi Renzi e Gentiloni siano riusciti a incidere sulla crisi economica. L’approccio post ideologico suggerirebbe di valutare la forza di governo uscente e decidere se confermarla o sostituirla, in base a quanto realizzato. L’approccio ideologico (diverso da un tempo ma ancora forte), invece, si basa sulla propria visione del mondo. Poco importa se il Pd abbia governato bene o male. Se io non voglio le unioni civili e credo che i migranti siano un grosso problema più che una risorsa, allora voterò per Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Se credo che dietro le vaccinazioni obbligatorie ci siano le grandi multinazionali del farmaco voterò M5S. Se penso che Renzi sia la causa di tutti i mali, voterò Liberi e Uguali. Tutti gli altri saranno rappresentati da Pd, +Europa e dall’area moderata di Forza Italia? Chissà. L’unica certezza è che il partito più votato sarà quello dell’astensione.
COME SI VOTA
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Due schede, per la Camera e per il Senato (solo una per la Camera per gli under 25)
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La scheda è divisa in riquadri. In alto il nome del candidato per la quota uninominale, sotto le liste apparentate.
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Si può votare solo il candidato uninominale dando così anche il voto alla coalizione per la quota proporzionale. (opzione 1)
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Si può votare solo una lista del proporzionale, dando automaticamente il voto anche al candidato collegato all’uninominale. (opzione 2)
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Si può apporre la croce sia al candidato uninominale che su una delle liste apparentate. (opzione 3)
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No al voto disgiunto. Non si può votare un candidato uninominale e una lista non collegata.
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Si vota solo domenica dalle 7 alle 23 (nel Lazio e in Lombardia si vota anche per le regionali)
VOTO CORRETTO
↓ Opzione 1 ↓
↓ Opzione 2 ↓
↓Opzione 3 ↓
↓Voto errato ↓