Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Diritto di critica | April 19, 2024

Scroll to top

Top

Ecco chi realizzerà la prima moschea di Milano

Pisapia strizza l’occhio ai Fratelli Musulmani. Ecco chi realizzerà la prima moschea di Milano

Preghiera islamica a Milanodi Rasputin

La Giunta Pisapia si preparerebbe a consegnare il progetto per la possibile costruzione della prima Grande Moschea di Milano a rappresentanti islamici vicini all’ideologia salafita e a quella dei Fratelli Musulmani. Ciò sarebbe dovuto al fatto che a circa un anno dall’inizio dell’Expo 2015 la città è ancora priva di un adeguato luogo di culto. Fatto di per sé grave, non soltanto perché molti turisti e imprenditori provenienti dai paesi del Golfo non sapranno dove andare a pregare, ma anche perché gli stessi musulmani milanesi sono da tempo obbligati a pregare in luoghi non consoni, dove in molti casi mancano persino le più basilari norme di sicurezza.

“Rischio fondamentalismo islamico”. Secondo quanto dichiarato da “il Giornale” sarebbero da tempo in corso incontri riservati tra il vice-sindaco Ada Lucia De Cesaris ed esponenti del Centro Culturale Islamico di viale Jenner e del Caim per la possibile costruzione di un grande luogo di culto islamico al posto del Palasharp di Lampugnano. “Il Giornale” ricorda che il centro islamico di viale Jenner sia ben noto per aver ospitato imam radicali, mentre Davide Piccardo, coordinatore del Caim, organizza manifestazioni a favore dei Fratelli Musulmani egiziani con cadenza quasi settimanale. Secondo il quotidiano guidato da Sallusti, la prima grande moschea di Milano potrebbe cadere nelle mani di esponenti legati a ideologie di gruppi islamisti non proprio moderati.

Soldi dai paesi arabi. Vi è poi il discorso sui finanziamenti, di cui non è ancora ben nota la provenienza; Davide Piccardo ha recentemente dichiarato a Repubblica che i fondi dovrebbero arrivare anche dai paesi del Golfo:

Ci muoviamo alla luce del sole, il contribuente italiano non spenderà un centesimo. Abbiamo indicato al Comune quali sono gli imprenditori italiani e le fondazioni straniere del Golfo Persico che metteranno a disposizione i finanziamenti necessari. Milano è una città internazionale, abbiamo uomini d’affari che vengono in visita spesso dai Paesi arabi”.

A questo punto vale la pena fare alcune considerazioni al riguardo per cercare di comprendere un po’ meglio la delicata situazione.

Gli interlocutori del Comune

E’ indubbio che il Centro Culturale Islamico di viale Jenner sia più volte finito al centro dell’attenzione dei media nazionali ed internazionali per alcune indagini ed arresti che hanno coinvolto degli esponenti religiosi di stampo radicale che frequentavano il centro. L’esempio più recente è quello di Abu Imad, per molti anni guida spirituale del Centro, arrestato nel 2010 e condannato a 3 anni e 8 mesi di reclusione con l’accusa di associazione a delinquere con finalità di terrorismo. Al suo rilascio nel maggio 2013, Abu Imad venne espulso dall’Italia e rispedito in Egitto.

Vicini ai Salafiti. Seppur il suo presidente, Hamid Shaari, stia da tempo lavorando sodo per cercare di migliorare la situazione del centro, il compito non risulta affatto semplice; il centro è in un certo senso stigmatizzato da anni di indagini, perquisizioni e arresti e c’è chi sostiene che i predicatori all’interno di “viale Jenner” siano ancora strettamente legati all’ideologia salafita e jihadista, come dimostrerebbe anche l’arresto e l’espulsione di Abu Imad.

A rischio i rapporti con cristiani ed ebrei. Per quanto riguarda il Caim la situazione è ben diversa, nulla a che vedere con le indagini legate al terrorismo quanto piuttosto ad episodi che hanno creato un certo imbarazzo all’interno della grande e variegata comunità islamica milanese e che hanno rischiato di generare serie ripercussioni anche sul dialogo interreligioso con cristiani ed ebrei. Durante le celebrazioni dell’Eid el-Fitr 2012 all’Arena Civica di Milano la mancata lettura di un messaggio di auguri del Cardinale Scola generò delle aspre polemiche alle quali seguirono alcune dichiarazioni molto poco diplomatiche tra cui quella del coordinatore del Caim, Davide Piccardo:

Riceviamo tanti messaggi, non solo dalla Chiesa cattolica, ringraziamo l’arcivescovo ma è la nostra cerimonia religiosa, abbiamo invitato solo le istituzioni a parlare. Io del resto non pretendo di intervenire alla messa di Natale…”.

Una risposta inopportuna che mise in evidenza la difficoltà da parte di alcuni membri  del direttivo islamico nel mettere in atto la diplomazia necessaria per portare avanti nel migliore dei modi un necessario dialogo interreligioso. Una diplomazia venuta meno ancora una volta durante la festa di Eid el-Fitr 2013 a causa della presenza dell’imam giordano Riyad al-Bustanji che, secondo la Comunità Ebraica, avrebbe esaltato il martirio religioso dei palestinesi durante un’apparizione televisiva. Le dure dichiarazioni di Piccardo nei confronti di Israele e della Comunità Ebraica hanno generato serie tensioni.

Secondo quanto riportato sul Corriere della Sera, il Caim ha dichiarato:

Non si possono mescolare religione e politica e noi non intendiamo prendere lezioni da chi sostiene uno stato, Israele, che viola costantemente la legalità internazionale ed i più elementari diritti umani”.

Le intromissioni esterne al contesto italiano

Dunque secondo il Caim non si possono mescolare religione e politica? Opinione più che condivisibile, solo che a questo punto è lecito chiedersi per quale motivo Piccardo e altri membri del Caim siano tra i fautori di continue manifestazioni di piazza a favore dei Fratelli Musulmani egiziani e dell’ex governo Morsi, in carica solo per un anno, ma ben noto per numerosi drammatici eventi e prese di posizione, tra cui le violenze fuori del Palazzo Presidenziale al Cairo e la persecuzione di personaggi dell’opposizione e dei media come Bassam Youssef.

Nessun ricambio di leadership. Un problema che riguarda anche la stessa “ummah” italiana; sono in molti infatti i musulmani che, oltre a lamentare una mancanza di ricambio all’interno delle leadership, dissentono sull’operato, non condividendo ad esempio l’intromissione di organizzazioni esterne alla comunità islamica italiana e la strumentalizzazione politica messa in atto a favore dei Fratelli Musulmani in Egitto durante la crisi della scorsa estate. Certi sermoni del venerdì troppo politicamente orientati non sarebbero stati apprezzati da diversi musulmani che sostengono come in moschea si vada per pregare e non per fare politica, o almeno così dovrebbe essere in teoria. Un dissenso in crescita all’interno della comunità islamica italiana? Verosimilmente si.

La politica in moschea. In tanti si sono chiesti per quale motivo organizzazioni che si pongono come obiettivo la rappresentanza dei musulmani in Italia si schierino poi apertamente in favore di un partito politico esterno al contesto italiano e che non rappresenta tra l’altro l’intera comunità islamica, dimenticando che anche gli oppositori del governo Morsi sono musulmani e sono anche numerosi in Italia, seppur apparentemente più silenziosi.

Un atteggiamento non salutare per i musulmani italiani in quanto non fa altro che portare divisione all’interno della comunità islamica, orientandosi verso situazioni che non hanno nulla a che spartire con il contesto e le problematiche dei musulmani in Italia.

Le responsabilità della Giunta Pisapia

Concedere dunque il permesso per costruire la prima grande moschea milanese a una tale leadership e con finanziamenti tutt’ora poco chiari al pubblico e forse provenienti da paesi come Arabia Saudita e Qatar, rispettivamente vicine all’Islam wahabita e a quello dei Fratelli Musulmani, può portare reali benefici ai musulmani milanesi? Perché non prendere in considerazione anche altri centri islamici meno politicizzati e che hanno contribuito molto all’integrazione e al dialogo? Le comunità islamiche italiane, in quanto tali, non dovrebbero essere libere da condizionamenti politici esterni al nostro contesto?

Per quale motivo queste trattative vengono portate avanti in totale riservatezza? Non sarebbe forse il caso che la giunta Pisapia fosse un po’ più chiara al riguardo, viste le possibili conseguenze di una decisione poco ponderata? Ha senso parlare di trattative con i “musulmani locali” quando ideologia e finanziamenti hanno ben poco di “locale”?

Comments

  1. FascioPD

    Dopo averci svenduto ai padroni dell’euro, ora la sinistra vuole anche mettere il proletariato a tacere favorendo gli immigrati musulmani, forza lavoro a basso costo.

    • PaoloRibichini

      Non è esattamente questo il tema dell’articolo