La Francia nelle mani di Macron - Diritto di critica
Dato come favorito al ballottaggio con la Le Pen, il leader del movimento En Marche! è Presidente con oltre il 60 per cento dei voti
Di sicuro la sua vittoria farà tirare un sospiro di sollievo alla Ue e a molti premier, poiché al di là di cosa è bene per i francesi, “evitare” il fenomeno Le Pen pare già essere un successo salva-Europa. Emmanuel Macron, il giovane rampante che in questi mesi ha attirato su di sé qualsiasi aggettivo o etichetta, guiderà la Francia dopo aver superato l’ultranazionalista “figlia d’arte” Marine Le Pen, in un ballottaggio in realtà solo apparentemente scontato: «Difenderò l’Europa, in gioco c’è la nostra civiltà, il nostro modo di essere liberi», ha detto. Al primo turno l’esponente del movimento En Marche! aveva ottenuto il 24,01 per cento, contro il 21,3 dell’avversaria del Front National. Record di schede bianche o nulle (il 12 per cento) e di astensioni (più del 25 per cento, affluenza in calo rispetto alle passate votazioni), tra misure di sicurezza senza precedenti, vista l’allerta terrorismo: più di 50mila gli agenti di presidio agli oltre 66mila seggi sparsi per tutto il Paese, in un clima di tensione che non sembra placarsi. E ora scatta il toto-premier, con la squadra di governo già delineata ma ancora top secret (tra i nomi papabili: il leader centrista François Bayrou, l’attuale ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian, l’ex commissario Ue Pascal Lamy, la direttrice del Fmi Christine Lagarde).
Il salvatore d’Europa Appoggiato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dai vertici dell’Unione Europea, Macron rappresenta fatalmente (anche per mancanza di altri candidati all’Eliseo) la tenuta della struttura di Bruxelles, già scossa dall’uscita della Gran Bretagna. Se avesse vinto Marine Le Pen, la macchina europea avrebbe sbandato pericolosamente. Macron è a favore dell’integrazione e al rispetto degli accordi, e propende per l’accoglienza di migranti e rifugiati, sebbene richieda una revisione del programma Frontex. Un (grosso) problema in meno per la Ue e per i delicati ingranaggi di un sistema del quale la Francia non può non fare parte.
Il nuovo che avanza o un altro Hollande? Centrista, ambientalista, amante delle tecnologie. Per molti è un socialdemocratico, per alcuni un populista alla Grillo, per altri ancora un “affabulatore” alla Renzi. Ma Macron già in veste di ministro dell’Economia (lo è stato dal 2014 al 2016) si definiva «né di destra né di sinistra, piuttosto liberale, e promotore di una solidarietà collettiva». A ben guardare, però, il neo Presidente francese ha vinto con un programma politico (che punta, tra l’altro, sul taglio alla spesa pubblica e sull’apertura al mercato globale) in continuità con il suo predecessore Hollande, il quale al suo secondo mandato aveva virato verso un maggiore liberismo, perdendo però popolarità dopo la sciagurata riforma del lavoro. Solo il tempo dirà se Macron sarà la soluzione giusta per i francesi, certo è che la sua vittoria è inevitabilmente connessa all’estremismo del suo avversario, estremismo che ha fatto convergere sul giovane leader di En Marche! i voti di progressisti e conservatori.
Di sicuro la sua vittoria farà tirare un sospiro di sollievo alla Ue e a molti premier, poiché al di là di cosa è bene per i francesi, “evitare” il fenomeno Le Pen pare già essere un successo salva-Europa. Emmanuel Macron, il giovane rampante che in questi mesi ha attirato su di sé qualsiasi aggettivo o etichetta, guiderà la Francia dopo aver superato l’ultranazionalista “figlia d’arte” Marine Le Pen, in un ballottaggio in realtà solo apparentemente scontato: «Difenderò l’Europa, in gioco c’è la nostra civiltà, il nostro modo di essere liberi», ha detto. Al primo turno l’esponente del movimento En Marche! aveva ottenuto il 24,01 per cento, contro il 21,3 dell’avversaria del Front National. Record di schede bianche o nulle (il 12 per cento) e di astensioni (più del 25 per cento, affluenza in calo rispetto alle passate votazioni), tra misure di sicurezza senza precedenti, vista l’allerta terrorismo: più di 50mila gli agenti di presidio agli oltre 66mila seggi sparsi per tutto il Paese, in un clima di tensione che non sembra placarsi. E ora scatta il toto-premier, con la squadra di governo già delineata ma ancora top secret (tra i nomi papabili: il leader centrista François Bayrou, l’attuale ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian, l’ex commissario Ue Pascal Lamy, la direttrice del Fmi Christine Lagarde).
Il salvatore d’Europa Appoggiato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dai vertici dell’Unione Europea, Macron rappresenta fatalmente (anche per mancanza di altri candidati all’Eliseo) la tenuta della struttura di Bruxelles, già scossa dall’uscita della Gran Bretagna. Se avesse vinto Marine Le Pen, la macchina europea avrebbe sbandato pericolosamente. Macron è a favore dell’integrazione e al rispetto degli accordi, e propende per l’accoglienza di migranti e rifugiati, sebbene richieda una revisione del programma Frontex. Un (grosso) problema in meno per la Ue e per i delicati ingranaggi di un sistema del quale la Francia non può non fare parte.
Il nuovo che avanza o un altro Hollande? Centrista, ambientalista, amante delle tecnologie. Per molti è un socialdemocratico, per alcuni un populista alla Grillo, per altri ancora un “affabulatore” alla Renzi. Ma Macron già in veste di ministro dell’Economia (lo è stato dal 2014 al 2016) si definiva «né di destra né di sinistra, piuttosto liberale, e promotore di una solidarietà collettiva». A ben guardare, però, il neo Presidente francese ha vinto con un programma politico (che punta, tra l’altro, sul taglio alla spesa pubblica e sull’apertura al mercato globale) in continuità con il suo predecessore Hollande, il quale al suo secondo mandato aveva virato verso un maggiore liberismo, perdendo però popolarità dopo la sciagurata riforma del lavoro. Solo il tempo dirà se Macron sarà la soluzione giusta per i francesi, certo è che la sua vittoria è inevitabilmente connessa all’estremismo del suo avversario, estremismo che ha fatto convergere sul giovane leader di En Marche! i voti di progressisti e conservatori.