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Diritto di critica | April 20, 2024

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Il lusso (segreto) dei dirigenti di Hamas, tra business e appartamenti dorati

Mentre i vertici del potere si godono soldi e ricchezze lontano dalla guerra, la popolazione a Gaza è ridotta alla fame. E non si vedono nuove elezioni all'orizzonte

Palestre, appartamenti di lusso in Qatar, jet privati, costosi ristoranti, balconi con vista sulla “marina”. E’ questa la bella vita dei leader di Hamas, smascherata pochi giorni fa dai media egiziani. Ci sono poi le tassazioni sulle merci e il traffico dei tunnel, dei business miliardari che arricchiscono la dirigenza di Hamas, mentre la popolazione di Gaza vive in situazioni drammatiche.

hamas_2Una documentazione che dovrebbe essere presentata anche da quei media occidentali che troppo spesso si fanno scrupoli quando si tratta di scoprire gli “altarini” di certi gruppi islamisti. Insomma, mentre centinaia di civili morivano sotto i bombardamenti israeliani, mentre venivano utilizzati come scudi umani, una buona parte del direttivo si teneva ben lontano dalle zone a rischio e il business andava avanti.

Il leader Khaled Mashal, in seguito a posizioni filo-resistenza siriana, si è visto costretto a lasciare la sua vecchia base di Damasco per trasferirsi in Qatar, principale finanziatore dei Fratelli Musulmani e patria per Yusuf Qaradawi, leader spirituale della Fratellanza. Numerose sono le foto apparse sui media, dove lo ritraggono mentre mangia davanti a una tavola imbandita, mentre guarda la televisione nella sala di un appartamento di lusso, mentre fa cyclette in palestra.

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Interessanti anche le foto di un altro leader di Hamas, Ismail Haniyeh, totalmente fuori forma mentre si diletta in una partita di calcio e Taher a-Nuno, consigliere del gruppo islamista, immortalato nel balcone di un hotel di lusso in Qatar, con vista mare.

hamas_3Secondo alcuni media egiziani e israeliani, Haniyeh avrebbe acquistato un terreno di 2,500 mq nella zona di Rimal, davanti al mare, pagandolo circa 4 milioni di dollari statunitensi. Sempre secondo i media, il terreno sarebbe stato registrato a nome della figlia del dirigente di Hamas. Successivamente Haniyeh avrebbe acquistato numerose altre abitazioni intestandole ai figli. Haniyeh non sarebbe l’unico della “cricca” di Hamas ad aver acquistato lussuose abitazioni nella zona.

Uno dei principali business di Hamas è quello del commercio di tutte quelle merci che a causa dell’embargo, sono difficilmente reperibili; commercio che avviene proprio attraverso i tunnel, solitamente tassate al 20%. Un’inchiesta di Der Spiegel aveva rivelato come circa 600 miliardari avrebbero fatto fortuna grazie al traffico dei tunnel tra Gaza e l’Egitto, citando tra i vari “Abu Ibrahim”, definito “il re dei tunnel”.

Abu Ibrahim iniziò a 13 anni smerciando formaggio e sigarette, per poi passare all’oro. Nei primi anni del 2000 iniziò a dedicarsi al passaggio di armi ed esplosivi che sono finiti nei depositi degli islamisti. Vi sarebbero poi le imposte su tutte le merci che entrano a Gaza, come raccontato qualche giorno fa da un imprenditore palestinese che ha però chiesto di restare anonimo, per ovvi motivi legati alla sicurezza personale. Secondo quanto dichiarato, Hamas pretenderebbe una quota su tutto ciò che entra nella Striscia di Gaza, dagli aiuti umanitari ai prodotti per l’edilizia: “Hamas pretende una quota su tutto quello che entra a Gaza, che siano aiuti umanitari, prodotti per l’edilizia o legno per la produzione di mobili poco importa. Qualsiasi cosa che entra a Gaza viene tassata da Hamas”. La percentuale varierebbe tra il 25% e il 40% a seconda della merce o dell’aiuto umanitario, dove l’imposta sarebbe al massimo perché non hanno alcun costo. L’imprenditore ha poi aggiunto: “Prendiamo un litro di latte con il marchio dell’Unione Europea. Dovrebbe essere distribuito gratis perché l’Unione Europea lo ha donato. Invece su quel litro di latte viene applicata una tassa del 40% sul suo valore. Per farmi capire, Hamas calcola il costo di un litro di latte intorno ai 300 sheqel sul quale applica la tassa massima del 40%. Quindi una donna che dovrebbe avere il latte gratis per i suoi bambini lo deve pagare l’equivalente di 120 sheqel. A Gaza non tutti se lo possono permettere. Se un metro cubo di legname viene offerto a 1.000 sheqel, è un esempio, l’artigiano di Gaza lo deve pagare 1.200 sheqel perché Hamas applica una imposta del 20% sul costo della materia prima. Quindi il 40% su quello che dovrebbe essere gratis è il 20%, ma cambia a seconda della materia prima, sulle merci importate”.

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