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Diritto di critica | March 15, 2024

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Qwant, il motore di ricerca che salva la privacy

Creato a Parigi, punta a competere con i giganti americani. Con qualcosa in più: non registra i dati

Quando un servizio è gratis, il prodotto sei tu. È il mantra che gli esperti del web ripetono ossessivamente negli ultimi anni. Hanno iniziato le grandi compagnie a fornire una casella di posta elettronica gratuita. Ha proseguito Facebook con l’invenzione dei social network e del cosiddetto web 3.0. Ma poi anche Google ha ampliato la sua offerta. Sempre, rigorosamente gratis. Un’infinità di dati che ogni giorno immettiamo in rete, talvolta senza nemmeno accorgersene. Con un like mostriamo le nostre preferenze non solo ai nostri amici ma anche ai gestori del social network che utilizziamo. Stesso discorso anche per le ricerche sui “motori”. Cerchiamo un vestito e quello ci viene riproposto in modo ossessivo su adv e in qualsiasi altra parte.

Sanno tutto o comunque molto di noi. È sufficiente avere un cellulare Android ed utilizzare i servizi Google come Maps con la geolocalizzazione attiva per dare al colosso di Mountain View informazioni preziosissime. Oppure quando chiediamo a Siri informazioni, non facciamo altro che regalare preziosi dati personali ad Apple. Questo non significa che questa enorme mole di dati debba necessariamente essere utilizzata con finalità illecite. Ma è chiaro che qualche serio problema di privacy c’è ed è evidente.

Il “motore” che salva la privacy. Per i più attenti a questioni di privacy, arriva in Italia un motore di ricerca che promette di proteggere la privacy di chi lo utilizza. Si chiama Qwant e si basa su analisi anonime e senza alcuna profilazione. Attivo da qualche tempo in Francia e in Germania, è ora disponibile anche nel nostro paese. Lo abbiamo testato e in effetti mantiene – almeno per ora – ciò che promette. Le ricerche sono accurate e sono piuttosto efficienti soprattutto nella sezione “Notizie”. A fondare Qwant è stato il parigino Eric Lendri con l’obiettivo di diventare un competitor di Google nel giro di pochi anni. Grazie a capitali francesi e tedeschi, il progetto è diventato realtà e punta a conquistare l’Europa. Qwant ha ricevuto dalla Cassa depositi e prestiti di Parigi 15 milioni di euro dal 2013. Ma a finanziare il progetto si è aggiunta anche l’Unione europea con ben 25 milioni. Perché la privacy del Vecchio continente non è questione che possa essere lasciata in mano ai giganti statunitensi.

Un sistema sostenibile. Qwant si sostiene attraverso la pubblicità. Un algoritmo incrocia una tipologia di prodotto o servizio ad una determinata ricerca, ma senza profilatura sull’utente. L’obiettivo è quello di creare un sistema sostenibile e allo stesso tempo che fornisca in maniera imparziale informazioni e tuteli la privacy.