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Diritto di critica | November 9, 2024

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Il No tedesco ci salverà dal Nucleare? - Diritto di critica

Il No tedesco ci salverà dal Nucleare?

La Germania ferma il nucleare: entro il 2022 le 17 centrali tedesche verranno chiuse, si riparte con le rinnovabili. La Merkel cerca consensi dopo le disfatte di primavera, ma lo scetticismo è diffuso: non si poteva fare prima? In Italia gli “esperti” maledicono la decisione, a due giorni dal verdetto della Corte di Cassazione sull’ammissibilità del referendum contro l’atomo.

La notizia era attesa, ma ha comunque l’effetto di una bomba. Berlino chiuderà fin da subito 8 centrali nucleari, ed entro il 2022 prevede di dismetterle tutte e 17. In cambio la Germania tornerà a puntare con forza sulle rinnovabili, “di cui siamo stati pionieri”, ricorda la Merkel. Nell’opposizione lo scetticismo è palpabile. “Il piano di smantellamento poteva concludersi già nel 2015, non ci sono giustificazioni per attendere 11 anni”, commenta il leader dei socialdemocratici Sigmar Gabriel. E parla anche di dubbi tecnici: “il piano del governo è pieno di lacune. Non c’è un impegno per un chiaro controllo politico del procedimento, visto che il governo ha delegato questo controllo ad altri – come  l’Autorita’ per l’elettricita’ e il gas, e il mercato”.

Se molti pensano che resta comunque una buona notizia, tanti altri si cospargono il capo di cenere. Umberto Veronesi, presidente dell’Agenzia per la Sicurezza sul Nucleare, critica pesantemente la scelta: “il terrore di perdere voti dopo lo shock di Fukushima ha fatto prendere decisioni in quella direzione, è un effetto del panico”. E sottolinea che la sua Agenzia non è affatto “congelata”, ma continua ad esistere (alla faccia della moratoria). Anche il premio Nobel per l’Ambiente Odingo attacca Berlino: ” è stata una decisione codarda”. Perchè, afferma con enfasi, “è come pensare di rinunciare alla luna perchè non sappiamo tornare indietro. Ma bisogna andare avanti, sempre avanti”.

Ma a decidere del futuro energetico italiano, per fortuna, non sono loro. Il primo giugno i giudici della Corte di Cassazione emetteranno il verdetto di ammissibilità del referendum sul nucleare, programmato per il 12-13 giugno. La notizia di oggi va a sommarsi ad altri esempi “virtuosi” di cui sarà difficile non tener conto: il referendum sardo del 18 maggio (quorum sfondato al 60%, 97% dei votanti contrario all’atomo), il precedente dell’87, l’incidente di Fukushima. Ma il risultato è tutt’altro che scontato, dopo la moratoria-truffa del governo. Dalla valutazione della Corte uscirà un paese diverso: un’Italia che ha avuto la possibilità di dire come la pensa – anche col cuore –  oppure un’Italia lasciata fuori dalla porta, mentre in pochi decidono il futuro di tutti. A loro vantaggio.

La decisione tedesca spiazza tutti perché è la più difficile. Tenere le centrali nucleari accontenta le lobby e favorisce il modello di distribuzione centralizzato: pochi siti di produzione, distribuzione a raggiera. Al contrario, le energie rinnovabili chiedono un modello nuovo, distribuito, di produzione dell’energia: dal mini eolico per la casa, alle centrali fotovoltaiche di rilievo locale. Il resto è business, fatto sulla scommessa “più quantità, più consumi, più benessere”. Un’equazione che non funziona, quando i consumi crescono a ritmi folli e le quantità arrancano.

 

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