Mercati: la crisi non è finita, le nostre risorse sì

Tirano il fiato Roma e Bruxelles. Dall’approvazione del piano di aiuto europeo alla Grecia, i listini di borsa sono tornati a salire, calmando la tempesta speculativa in atto. Una pausa che è costata tantissimo all’Italia e all’Ue: praticamente ogni energia. Ma la crisi non è ancora finita.

A contare gli sforzi italiani ed europei nella crisi finanziaria, ci si rende conto che siamo al limite. Il Governo ha dovuto varare una manovra lacrime e sangue in una settimana, aiutato dalla comprensione dell’opposizione e dal monito di Napolitano. Una manovra che raschia il fondo del barile, dimentica la parola “sviluppo” e scarica il 60% del suo coto sui contribuenti: gesto estremo per tempi estremi.

Anche l’Europa ha fatto l’impossibile, considerati i suoi limiti. Dopo i 110 miliardi di euro dell’anno scorso, i leader Ue hanno approvato altri 160 miliardi di aiuti ad Atene, raddoppiando i tempi di restituzione e coinvolgendo per 68 miliardi le banche private. Il default selettivo è stato accettato dal duo Merkel-Sarkozy, approvato all’unanimità e quantificato: 30 miliardi di euro verranno bruciati nei giorni della transizione per placare gli speculatori. Che altro si può chiedere?

Peccato che non basti. Sperare che la crisi finanziaria dell’Europa sia risolta è pura fantasia: i nodi rimangono, e sono tutti legati alla mancata crescita economica e al ristagno delle esportazioni. Certo, il momento nero sembra superato: in due giorni la fiducia nell’Italia è risalita,  lo spread tra i titoli tedeschi e quelli italiani è diminuito di circa 100 punti e il costo del nostro debito torna all’accettabile 5,2%. Ma per ottenere questo “respiro” abbiamo esaurito tutte le risorse: diplomatiche, politiche, economiche.

Sul fronte fisco non si può veramente fare di più, se non vogliamo cancellare il nostro tessuto sociale. Sulle riforme, abbiamo già cancellato i progetti ventennali del Nord e le speranze di crescita del Sud. Abbiamo messo la faccia di Napolitano e Tremonti sul nostro debito; giurato sul pareggio di bilancio entro il 2014; promesso il macello delle pensioni.

Questo non ha cancellato il nostro debito, nè le nostre debolezze. Domani i mercati se ne ricorderanno e torneranno all’assalto: e noi abbiamo finito tutte le cartucce. Nemmeno l’arma bianca può salvarci, se non succede in fretta qualcosa.

Di Sirio Valent

Giornalista professionista, 25 anni, ho iniziato con una tesi sul tracollo del Banco Ambrosiano, braccio finanziario della loggia massonica P2, per la facoltà di Economia. Due stage nella redazione economica dell'Agenzia Italia e una breve parentesi dietro le quinte di Confindustria mi hanno aperto gli occhi sulla realtà quotidiana del cronista economico. Mi piace lavorare su questioni di geopolitica, macroeconomia e retroscena finanziari, difficili da spiegare in modo semplice ma fondamentali per capire la realtà dietro lo specchio.

3 commenti

  1. Forse rimarrebbe la cosa più ovvia da fare all’Italia: la lotta all’evasione per riappropriarsi di tutta quella ricchezza “sommersa”.

I commenti sono chiusi.