Body Worlds, De Humani Corporis Fabrica - Photogallery (ATTENZIONE, immagini forti) - Diritto di critica
Scritto per noi da Cristina Calamaro
“BODY WORLDS”. I mondi di corpi defunti e bellissimi creati da Gunther Von Hagens. Il loro lungo viaggio fa finalmente tappa a Roma. Dopo aver itinerato urbi et orbi in più di 60 città e aver attirato l’interesse di oltre 33 milioni di persone nel mondo. Dopo aver subito e replicato a ogni genere di accusa sulla provenienza dei cadaveri esibiti. Dopo che i 16 anni trascorsi dalla prima mostra a Tokio hanno ormai quasi del tutto acquietato le perplessità sul valore della ricerca di Von Hagens. Ora che non ospitare un’esposizione del genere avrebbe significato continuare a tenere gli occhi chiusi su quello che di notevole succede nel mondo. E’ stata inaugurata tre giorni fa, alle Officine Farneto di Roma, “BODY WORLDS – Al Cuore della Vita”, la mostra che tematizza le problematiche cardiovascolari presentandole attraverso venti corpi integralmente plastinati e oltre 200 organi e sezioni.
I “BODY WORLDS” hanno molte storie da raccontare. La prima è quella della plastinazione, l’invenzione che ha reso noto Von Hagens come il “Dottor Morte”.
Nel 1978, l’anatomopatologo tedesco brevettò un metodo per bloccare la decomposizione dei cadaveri dissolvendone i liquidi interni e sostituendoli con materiale plastico di vario tipo in maniera tale da creare preparati corporei solidi, inodori e di lunga conservazione. In poche parole plastificati. La grande innovazione tecnica consisteva nel poter effettivamente toccare, soppesare, studiare, lavorare a contatto con organi e corpi morti che fino a prima venivano immersi in sostanze plastiche che ne impedivano la conoscenza diretta.
Ma la tecnica della plastinazione, destinata in primis esclusivamente all’alta formazione scientifica e medica, aveva ed ha costi notevoli. Per plastinare un solo corpo occorrono non meno di 1500 ore di lavoro diluite nell’arco di un anno e circa 50mila euro di spese.
“BODY WORLDS” è una mostra pensata anche per poter essere una risposta efficace a queste esigenze di cassa in mancanza di altri finanziamenti. Angelina Whalley, medico e moglie di Von Hagens dal 1992, ammette che vi furono cambi di progetto per andare incontro ai gusti delle persone: “Agli inizi plastinavamo corpi in posizione eretta e statica, ma alla gente sembravano “troppo morti”. Le persone seppelliscono i propri cari perché non vogliono vedere la morte in faccia. Così li abbiamo accontentati e abbiamo iniziato a mettere in posa i nostri cadaveri. Per farli sembrare più belli, più memorabili, più vivi”.
La manualistica anatomica rinascimentale e la storia dell’arte hanno offerto a Von Hagens un repertorio sconfinato di pose cui riferirsi. Questa ricercata, e non negata, ambiguità fra arte e scienza che suscitano i suoi corpi plastinati messi in pose scultoree si è rivelata una furbissima strategia di promozione del proprio lavoro, che non ha mai mancato di essere serio e rigoroso, compiacendo i gusti di un pubblico più ampio.
Nel lungo periodo l’innegabile successo di “BODY WORLDS” ha innescato un circolo virtuoso che ha portato la ricerca universitaria fuori dalle anguste aule di anatomia verso un pubblico che non viene solo abbacinato dalla spettacolarizzata, estetizzata messa in mostra della morte, ma anche soddisfatto nella sua curiosità scientifica verso un corpo in cui si identifica, si rispecchia. Questo vivo interesse da parte di un pubblico non specialistico ha stabilizzato il valore didattico e divulgativo delle mostre che si pongono ora come fine massimo la sensibilizzazione sanitaria delle persone, in vita e in morte: circa il 70% degli intervistati dopo una visita alla mostra ammettono di essere stati stimolati a cambiare stile di vita per un futuro più sano. Molti poi hanno già deciso cosa fare del proprio corpo dopo la morte: donarlo all’Istituto per la Plastinazione, “perché sarà sicuramente meglio dell’idea di farlo marcire sotto terra”, invoglia Von Hagens.
In loco e online è possibile infatti sottoscrivere il modulo per la donazione del proprio corpo al programma, gestito in maniera rispettosa e trasparente.
Von Hagens tiene a precisare che si ritiene idealmente il primo donatore. All’inizio di quest’anno gli è stato diagnosticato il morbo di Parkinson e ci racconta di stare già progettando la propria plastinazione che verrà realizzata dalla moglie.
“Mi piacerebbe essere plastinato in maniera semplice, in posizione eretta, in un gesto di accoglienza. Voglio trovarmi all’ingresso di ogni mostra itinerante che farò, e poi magari nel museo permanente che vorrei realizzare. Vorrei stare lì, mentre un nastro che ho già registrato riprodurrà alcune mie parole, a stringere la mano a chi arriva”.
Già lo immaginiamo, con il suo inconfondibile cappello nero calato sugli occhi che non vedono, a darci il benvenuto immobile nella sua stretta di mano di plastica, con la bocca polimerizzata in un sorriso alla vita. E alla morte.
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l’ennesima dimostrazione di come gli “uomini”(gli esseri umani sono un’altra cosa)si sentono al di fuori del divenire,non appartenenti o magari ospiti di questa terra ma tesi alla continua estraneità’.non ritornare alla terra ma occuparla ancora e ancora con la pretesa della scientificità.ma l’essere umano non è tale perché in situazione?da cadavere torna cosa tra le cose e non esprime certo umanità.che tristezza pensare se stessi come corpo destinato a replica.
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