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Diritto di critica | April 20, 2024

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La realtà secondo Guttuso, in mostra al Vittoriano

di Lorena Bruno

Al Complesso del Vittoriano si celebra il centenario della nascita del pittore siciliano Renato Guttuso con una mostra (aperta fino al 10 febbraio 2013), curata da Enrico Crispolti e da Fabio Carapezza Guttuso. Si tratta solo dell’ultimo di una serie di eventi in occasione dei cento anni dalla sua nascita, inaugurati dalla mostra Guttuso tra passione e realtà tenutasi alla Fondazione Magnani Rocca di Parma, tra il mese di settembre e dicembre nel 2010.

Il Complesso del Vittoriano si pone come luogo ideale per il rapporto che lega Guttuso alla città di Roma, quella in cui visse più a lungo, probabilmente anche quella che amò maggiormente, precisano i curatori. Roma, infatti, è ricca di luoghi guttusiani, a cominciare dai numerosi studi che ebbe nel tempo in vari quartieri della città, sempre aperti a chi volesse ragionare di politica, parlare d’arte, curiosare nelle sue tele o nascondersi dal regime.

Una volta di più, visitando questa mostra, ci si rende conto di come Guttuso sia stato un uomo del suo tempo, un’epoca di cui si è fatto testimone e interprete, all’insegna del realismo. Non solo, Guttuso costituisce parte integrante della nostra storia e di un’Italia indimenticabile: quella della resistenza al nazismo e al fascismo, quella della continua riflessione su ciò che avveniva anche in altri paesi, come in Algeria, o in Francia, nel Maggio del ’68; l’Italia della rinata gioia di vivere dopo le guerre mondiali, quella dell’impegno politico in prima linea, per la propria terra, la Sicilia, con cui il legame rimarrà sempre forte.

La mostra al Vittoriano si apre con le opere giovanili, tra cui spicca il ritratto del padre Gioacchino, che sostenne il figlio nel suo desiderio di dipingere, mostrandosi sempre molto orgoglioso di lui.

Nel 1937 Guttuso si trasferì a Roma, vivendo così in pieno l’ascesa del nazismo e il dilagare dell’antisemitismo. Di questo periodo denso di presagi funesti, alla mostra si possono ammirare le tele in cui compaiono oggetti della vita quotidiana anche piuttosto minacciosi (come un paio di forbici), e anche altri che alludono al terrore e alla morte, come il cranio di bue, che diventerà un motivo ricorrente delle sue nature morte, soprattutto in vecchiaia.

Senza mai distogliere lo sguardo da ciò che avveniva intorno a lui, il pittore siciliano dimostrò sempre molta attenzione ad altre giuste lotte: un altro quadro in mostra è la Fucilazione in campagna, un omaggio a Garcia Lorca, fucilato allo stesso modo nel 1936.

All’interno della mostra c’è forse l’opera più famosa del pittore, nonché la più discussa, la Crocifissione, nella quale, sovvertendo l’iconografia cristiana, il pittore pose i tre crocifissi di sbieco, una delle travi copre il volto di Cristo; in primo piano gli strumenti del martirio e la sofferenza nuda di chi assistette alla sua morte. Era un fatto contemporaneo che si voleva rappresentare, come precisò l’artista, altri orrori di quell’epoca. Nonostante lo sdegno della Chiesa, parecchi anni dopo il funerale di Guttuso venne celebrato nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, non lontana dalla piazza del Pantheon gremita di gente.

Oltre alle sale dedicate alle tele degli anni Quaranta, che mostrano la riflessione guttusiana sulla lezione cubista di Picasso, quella centrale è invece riservata alle tele di grande formato tra le più importanti opere di Guttuso: la Zolfara, in cui qualcuno ha riconosciuto tra i personaggi quel Rosso Malpelo del Verga; La spiaggia, che parla del desiderio di dimenticare la guerra (come del resto i Ragazzi in Vespa, in esposizione); ancora I funerali di Togliatti, attraverso la quale Guttuso espresse il suo dolore e quello di tanti volti noti e meno noti dell’epoca, in cui la varietà dei colori trova posto solo accanto alla testa di Togliatti, immerso in un collage di fiori; quindi la famosissima Vucciria, luogo troppo familiare per l’artista, rappresentato come un trionfo di colori che sembrano disposti a caso, ma che in realtà seguono un criterio preciso. C’è movimento, vita e lavoro. Sembra si possano sentire gli odori, tanto è forte e ricca, questa rappresentazione.

Non mancano i ritratti, altra parte fondamentale della produzione guttusiana, che testimonia come per lui il ritratto fosse un modo per comunicare il legame col soggetto della tela. Anna Magnani, Mario Schifano, Giorgio Amendola, Moravia, la moglie Mimise, Guttuso dipingeva soprattutto le persone che amava di più. Sono presenti anche degli autoritratti che ci parlano di un pittore fumatore e riflessivo.

Per ricordare il suo legame con la città che ospita la mostra, tra le sale espositive si trovano opere come il Colosseo e i Tetti di Roma, temi altrettanto ricorrenti della sua produzione, nonché il Caffè Greco del Museo Thyssen-Bornemisza, dedicato allo storico locale romano. L’idea di questa rappresentazione in cui la storia viene raccontata senza ordine cronologico, venne all’artista proprio mentre si trovava al caffè; si rese conto che si trattava di un tema che gli si confaceva, perfetto anche per un omaggio a De Chirico, come voleva che fosse. I visitatori si divertono ancora ad indovinare quali personaggi storici siano seduti ai tavoli.

Altra bellissima tela in mostra, La visita della sera, in cui rappresenta ancora una volta un luogo romano a lui molto caro, il giardino di Palazzo del Grillo, dove si stabilì definitivamente con la moglie nel 1964. La visita della sera è quella della melanconia, altro tema ricorrente negli ultimi anni, come ci dicono anche le sue letture e la presenza costante dei crani di bue, nonché delle presenze femminili che fecero parte della sua vita e che a poco a poco lasciò andare.

Una splendida testimonianza di un’amicizia e di un vero e proprio sodalizio è Il convivio: Picasso e i suoi personaggi, in cui l’omaggio all’amico scomparso si traduce in un suo affettuoso ritratto in mezzo a soggetti a lui molto cari, un saluto simbolico dai colori ispirati a Guernica, il primo amore picassiano di Guttuso.

La discussione, sempre in mostra, testimonia invece il legame con Elio Vittorini, nonché la sua costante attenzione alle notizie, ai quotidiani a ciò che accadeva nel mondo, come dimostra il collage di ritagli di giornale sulla tela a tecnica mista.

La mostra presenta inoltre una ricca sezione dedicata agli schizzi, con la china, gli acquarelli e i carboncini, vero e proprio diario delle fasi compositive delle sue opere. Particolarmente toccante quelli relativi al Gott mit uns, ossia la serie di opere sulle violenze naziste, che culmina con la tela Fosse Ardeatine, non in mostra.

Nel complesso l’esposizione del Complesso del Vittoriano si distingue per la ricchezza e per come  permetta al visitatore di realizzare in modo completo quanto Guttuso fosse un artista complesso e un uomo impegnato.