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Diritto di critica | October 5, 2024

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Bersani leader, ma i voti di Renzi sono un problema

Renzi ha perso. Questo è fuori discussione. Bersani alla fine c l’ha fatta. Forse dopo il voto del primo turno non tutti nel Pd dormivano sogni tranquilli, ma il risultato alla fine ha rispecchiato l’andamento dei sondaggi.

Una sconfitta che contiene una vittoria. Il sindaco di Firenze ci ha provato e il suo risultato, checché ne dica lui stesso, è pur sempre una vittoria. Aver conquistato quasi il 40% dei voti del popolo di centro-sinistra con idee “forti” come la rottamazione e il cambiamento è il vero successo in un paese che desidera il nuovo ma lo vuole “lento”. Un brutto segnale per i partiti del centro-sinistra che erano tutti schierati con il segretario del Pd. Renzi ha perso 200mila voti rispetto al primo turno ma è cresciuto in termini percentuali dal 35,5% al 39,1%. Bersani ha contenuto l’emorragia dei votanti – condizionati forse anche da un risultato già evidente – perdendo circa 30mila voti, grazie anche al sostegno di Nichi Vendola.

Vendola chiederà il conto. Ora per il segretario del Pd la partita si fa dura. Certamente il voto lo legittima con una vittoria comunque ampia. Ma allo stesso tempo l’appoggio politico di Vendola ha un prezzo che presto Pierluigi dovrà pagare. E non si tratta solo di spruzzarsi addosso “un po’ di profumo di sinistra”. Dall’altra parte ci sono i voti di Renzi. Il giovane Matteo tornerà quasi certamente a fare il sindaco fino alla fine del suo mandato. Ma il consenso che ha generato è ampio e soprattutto trasversale. Quando D’Alema spiega che molti dei votanti non sono di centro-sinistra dice qualcosa di vero, ma sbaglia quando afferma che “tanto non ci avrebbero votato alle elezioni”. Sbaglia perché queste persone avrebbero votato Renzi, leader del centro-sinistra. E lo avrebbero votato per la freschezza delle sue idee; una persona capace di prendere voti a destra e a sinistra e che fa paura a tutti. Sarà per questo che è arrivato domenica scorsa l’endorsement di Berlusconi, una mossa per depotenziarlo tra i tradizionali elettori di sinistra.

E il “Popolo di Renzi”? Ora c’è il “popolo di Matteo” che va gestito. Ed è innegabile che se il Pd in una settimana ha guadagnato nei sondaggi più del 3% è anche merito del sindaco di Firenze. Ma è un guadagno “volatile” che va consolidato nel tempo. Un problema di comunicazione non piccolo per un leader che a comunicazione lascia molto a desiderare. Bersani ha dichiarato prima del voto che con lui “si innoverà per davvero”. Sarà il caso che lo faccia e in fretta. Si liberi una volta per tutte da figure dell’altro secolo, come Rosy Bindi, D’Alema e Marini (e Vendola faccia lo stesso con personaggi come Paolo Cento, Claudio Fava e Grazia Francescato). Si liberi soprattutto della Cgil. Una coalizione rinnovata non può dipendere da un sindacato che, tra le altre cose, rappresenta solamente pensionati e lavoratori con contratto a tempo indeterminato, cioè oggi una quota minoritaria dei lavoratori. Purtroppo, però, anche per quanto riguarda la Cgil, presto o tardi, Bersani dovrà pagare il conto del suo appoggio.

Vincerà, ma riuscirà a governare? La strada, quindi, è tutt’altro che in discesa per Bersani. Non tanto per la vittoria alle elezioni che – ad eccezione di eventi eclatanti o di una nuova legge elettorale – è scontata. Piuttosto la vera incognita è se Bersani ha effettivamente la forza di imporre il cambiamento, sia nel Pd che nel Paese, se finalmente sia in grado di affrontare il problema del lavoro giovanile, del precariato e della crisi. O se alla fine dovremmo rimpiangere Mario Monti.

Twitter: @PaoloRibichini