Quegli applausi ipocriti al discorso di Napolitano

napolitanoIL GRAFFIO – Del discorso di insediamento di Napolitano – che ieri ha iniziato il suo secondo mandato – a colpire sono stati soprattutto gli applausi dei parlamentari e degli esponenti di quei partiti che negli anni e nei mesi precedenti la fine del settennato si sono nascosti dietro un dito pur di non fare le riforme necessarie, chieste a gran voce dal capo dello Stato. Ieri l’hanno applaudito proprio nei passaggi in cui Napolitano ha sottolineato quei silenzi e quelle mancanze, responsabili della crisi e dello stallo politico attuali.

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Dalla legge elettorale ai costi della politica, i silenzi di Pd e Pdl sono stati tanti e ripetuti, ciascuno mascherato da quel politichese buono per tutte le stagioni (ma soprattutto a prendere tempo), e il risultato è stato che non è mai cambiato nulla. Il Porcellum – con le sue liste bloccate e i candidati scelti dai partiti – faceva comodo a tutti, in primis al Partito democratico, convinto di stravincere con un’ampia maggioranza e per questo immobile – per tacer delle finte moine – nei confronti di una riforma seria e necessaria della legge elettorale. Tutti i partiti a vario titolo, secondo Napolitano, “responsabili di tanti nulla di fatto nel campo delle riforme”. Applausi.

All’inizio del suo secondo mandato, però, Napolitano ha deciso di avvisare i contendenti: se si dovesse trovare di nuovo davanti a “sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato”, non esiterà a “trarne le conseguenze dinanzi al Paese”. Fuori dalla retorica: dimissioni e dito puntato senza tante scuse contro i responsabili dell’immobilismo. Anche qui sono arrivati applausi scroscianti, quasi una beffa per un presidente affaticato dalla prospettiva di un secondo incarico, del tutto ignorato quando quelle stesse riforme le chiedeva a gran voce, come unica via d’uscita per evitare la crisi politica e depotenziare i grillini che proprio sui costi e sui privilegi della Casta hanno fatto a lungo leva. Gli applausi erano scroscianti.

L’impressione – e come tale va presa con il beneficio del dubbio – è che Giorgio Napolitano poco abbia gradito quell’isterico batter di mani mentre elencava le responsabilità di tutti e ciascuno, inchiodandoli alle loro mancanze: il presidente della Repubblica rampgnava i partiti, loro lo applaudivano uniti (ad eccezione, i 5 Stelle, anch’essi richiamati da Napolitano). Più che un segno d’approvazione sembrava uno sberleffo, una beffa, l’ipocrisia di chi – ancora una volta – ha trovato un parafulmine per sistemare in extremis una situazione che ha contribuito a creare. E adesso applaude, applaude sereno, applaude felice.

Di Emilio Fabio Torsello

Giornalista professionista, 30 anni, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 2006. Mi occupo di tematiche inerenti la legalità, la cronaca giudiziaria (imparando dal "maestro" Roberto Martinelli), l’immigrazione e la politica. Collaboro con il mensile Narcomafie, con alcune testate del Gruppo Sole 24 Ore e in particolare con Il Sole 24 Ore del lunedì e Il Sole 24 Ore "Roma", con Il Fatto quotidiano e con Roma Sette (Avvenire). In passato ho lavorato (stage) presso la redazione Ansa di Bruxelles e ho collaborato con la redazione aquilana dell'AGI e con il portale del sole 24 Ore, Salute24. Sono l'autore del blog EF's Blog, sulla piattaforma Wordpress