Se Fassina e Cuperlo difendono i sottosegretari indagati
C’è chi ancora si stupisce del fatto che nella squadra dei sottosegretari ci siano indagati e persone portatrici di conflitti di interesse. Perché al di là del giudizio che si possa avere su Matteo Renzi, il problema della politica italiana non è la figura del premier. Se consideriamo in buona fede le varie dichiarazioni del neo presidente del Consiglio, non possiamo immaginare che da solo possa cambiare la politica.
I giovani-vecchi che governano (ancora) il Pd. Le aspettative su Renzi sono tante, forse anche troppe. Il vero problema per Matteo è tutto ciò che c’è dietro. La rottamazione è avvenuta solo in parte. E più che rottamazione bisognerebbe parlare di rinnovamento di una parte della classe dirigente. Ma non basta. Come non basta l’età anagrafica per avere la patente di rinnovatore. Soprattutto nel Pd, dove non mancano giovani-vecchi che ragionano secondo logiche da prima repubblica, tra capibastone e interessi del territorio. La chiamano politica del territorio. Di fatto è il punto di incontro tra la politica e gli interessi particolari di notabili locali, legati ad un partito. Veri e propri portatori di voti. Nulla di nuovo e nulla di stupefacente sotto questo sole.
Gli indagati “democratici”. Dopo le dimissioni di Antonio Gentile (Ncd) da sottosegretario per quella telefonata all’Ora di Calabria, non si sono placate le polemiche sollevate dai giornali e dalla società civile circa la presenza di altri indagati nel governo, tutti esponenti del Pd. Si tratta di Francesca Barracciu, già vincitrice delle primarie del centro-sinistra in Sardegna e poi esclusa dal voto poiché indagata per peculato nella vicenda dei rimborsi al consiglio regionale, Umberto Del Basso de Caro e Vito De Filippo, indagati per rimborsi irregolari al consiglio regionale rispettivamente campano e lucano, e Filippo Bubbico, indagato per abuso d’ufficio.
Fassina e Cuperlo difendono gli indagati. Certo, i quattro sottosegretari non solo sono innocenti fino a condanna definitiva, ma non sono stati nemmeno rinviati a giudizio. Eppure, perché Renzi ha scelto proprio loro? La provenienza geografica di tre dei quattro sottosegretari potrebbe già contenere la risposta. Poi è sufficiente leggere le dichiarazioni di alcuni esponenti del Pd per averne conferma. Se per Stefano Fassina la vicenda Gentile “è molto diversa” da quella degli altri indagati i quali sarebbero sottoposti ad “indagini amministrative”, Gianni Cuperlo chiede addirittura al Pd “di recuperare la sua cultura garantista”, quando fino a ieri il Pd puntava il dito contro Berlusconi e gli indagati di quello che fu il Pdl. Non sarà un caso che dopo il mal di pancia iniziali, con la nomina dei sottosegretari (di certi sottosegretari), la minoranza Pd ora si è silenziata. Le uniche voci fuori dal coro sono quelle di Pippo Civati (che ironizza su Renzi) e Rosy Bindi (che chiede una “riflessione”).
E Renzi fa finta di niente. Renzi per ora tace. E non può far altrimenti. Anche perché, diversamente da quanto sostenuto da Massimo D’Alema, il Pd per Renzi non è un trampolino, ma la struttura che in questo momento, senza una legittimazione popolare, lo sorregge. Il problema, per l’ex sindaco, ora è smarcarsi dal potere dei capibastone. Impresa non solo ardua ma quasi impossibile, almeno fino al voto. Ma tra pochi giorni il MoVimento 5 Stelle presenterà una mozione di sfiducia individuale per i singoli sottosegretari. A quel punto cosa farà Renzi?