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Diritto di critica | November 9, 2024

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Veni, vidi, Leo. La notte degli Oscar e la fine di un "incubo" - Diritto di critica

È successo. Dopo cinque nomination DiCaprio vince. E l’Italia risplende con Ennio Morricone

Il miglior film? “Il caso Spotlight”, sulla coraggiosa inchiesta sulla pedofilia nella Chiesa del “Boston Globe”. La miglior attrice? Il premio è andato alla rivelazione Brie Larson, che in “Room” interpreta una madre prigioniera da anni con il figlio (il film è ispirato al caso dell’orco austriaco Fritzl). Ma in fondo poco importano queste scelte dell’Academy agli Oscar 2016: quello che tutti, addetti ai lavori e non, attendevano e bramavano da almeno cinque nomination è finalmente accaduto: la statuetta per il miglior attore protagonista a Leonardo DiCaprio. Che avrà tirato un enorme sospiro di sollievo per non essersi definitivamente trasformato in uno degli aneddoti per eccellenza in materia di Oscar. Anche se, fino alla notte scorsa, il povero divo di Titanic è stato oggetto di sfottò d’ogni tipo sul web, a cominciare da foto e video del tipo “tutte le facce di Leonardo quando non vince”, o un’immagine animata, apparsa sui social network, del suo sguardo perso mentre applaude colui che per l’ennesima volta gli soffia il premio da sotto il naso. Visibilmente emozionato e sollevato, DiCaprio ha approfittato dell’evento per ricordare al mondo i pericoli del surriscaldamento globale, tema che da ambientalista (ed attivista) convinto gli sta a cuore da anni.

53424_pplScontro tra titani La “guerra di Leo” è stata vinta grazie all’interpretazione nel crudo e magnificente “Revenant”, del regista messicano Alejandro Gonzáles Iñárritu (che ha vinto come miglior regia) battendo rivali del calibro di Michael Fassbender (che ha prestato il volto a Steve Jobs) e l’astronauta Matt Damon, marziano d’occasione nell’affascinante film di Ridley Scott. Senza dimenticare Eddie Redmayne, esploso lo scorso anno con il toccante “La teoria del tutto”, e ora splendido transgender degli anni Trenta in “The Danish girl”. Non saremo blasfemi ad affermare che Di Caprio avrebbe strameritato l’agognata statuetta (che lui affermava, forse mentendo, di non desiderare più di tanto) almeno in altre due occasioni, vedi il meraviglioso cattivo del tarantiniano “Django Unchained” o l’incredibilmente credibile broker degli anni Ottanta in “The wolf of Wall Street”. Due prove di eccellente bravura che oltrepassano la pur ottima parte di “Revenant”. Per dirla tutta, l’Oscar in questione sembra più una sorta di omaggio alla carriera dell’appena quarantaduenne Leo, il quale, a nostro parere, ha comunque già superato brillantemente da tempo la prova del far ricredere chi lo riteneva solo un visino angelico che ha azzeccato un film e nulla più.

Un successo italiano Ma la notte degli Oscar è stata anche la notte di Ennio Morricone. Quentin Tarantino lo aveva predetto: il maestro delle colonne sonore aveva un’ottima chance di aggiudicarsi il corrispondente premio, grazie alle note inconfondibili che hanno accompagnato l’ultima fatica del regista di Kill Bill, ovvero il lungo “The Hateful Eight”. Dopo la stella sulla Walk of Fame di Los Angeles, per Morricone un’altra consacrazione oltreoceano.

Ricordiamo qui l’elenco dei vincitori nelle principali categorie:

  • Miglior attore non protagonista: Mark Rylance, “Il ponte delle spie”
  • Miglior attrice non protagonista: Alicia Vikander, “The Danish girl”
  • Miglior regia: Alejándro Gonzáles Iñarritu, “Revenant”
  • Miglior film straniero: “Il figlio di Saul”, di László Nemes (Ungheria)
  • Miglior fotografia: Emmanuel Lubezki, “Revenant”
  • Miglior film d’animazione: “Inside Out”
  • Miglior documentario: “Amy”, di Asif Kapadia