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Diritto di critica | April 20, 2024

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Elezioni - Roma è 5 stelle. Perde il Pd dei «non rottamati»

Il Movimento «male minore» per molti elettori. A Roma la sconfitta dei democratici era annunciata. Senza una vera «rottamazione», non c'era speranza

«Come è andata, signò?». Un poliziotto stanco e assonnato quasi se la ride. Guarda la rappresentante di lista dei 5 Stelle e aspetta la risposta che arriva dopo qualche secondo. «Abbiamo vinto, è andata bene. E a voi come è andata?», chiede lei. «A signò, pe’ noi so’ tutti uguali, noi siamo con la legge». «Ma il fatto – interrompe una poliziotta in borghese dai capelli scuri e ricchi – è che poi non cambierà niente, chiunque vada su. Se non ce so i sordi (i soldi – ndr)…». In un seggio della periferia romana, feudo “rosso” per decenni, a mezzanotte i risultati sono chiari. «Se abbiamo perso qui, abbiamo perso in tutta la città», spiega con rassegnazione una rappresentante di lista del Pd. Alla luce dei neon e di improbabili lampadine ad incandescenza, il risultato è chiarissimo: nei municipi e al comune di Roma si volta pagina.

L’impresa impossibile di Roberto, la comunicazione di Virginia. La sconfitta di Roma era una sconfitta annunciata. Ma brucia negli occhi di chi per un attimo si era illuso nel miracolo, o per lo meno in una sconfitta ai punti. Il kappao subìto da Roberto Giachetti ha proporzioni enormi, soprattutto perché in otto anni il centro-sinistra a Roma ha perso 300mila voti (confrontando i risultati dello sconfitto Rutelli contro Alemanno e quelli di ieri sera di Giachetti). Non è colpa di Roberto: ha combattuto come ha potuto. Forse gli è mancato un po’ di cattiveria in più. Di certo gli è mancato il programma. Un programma chiaro con punti più definiti. Non bastano le Olimpiadi a convincere i romani. Ma in fondo l’operazione sarebbe stata comunque quasi impossibile. La Raggi vince perché ha dimostrato più freschezza e un approccio più populista che le ha garantito l’appoggio di tutti. La sua comunicazione è stata impeccabile, anche di fronte alle ombre e alla sua mancanza di preparazione politica. Non ha rivelato il suo orientamento religioso, non ha voluto indicare il nome di un personaggio famoso a cui intestare una via. E poi non si è mai scagliata contro i lavoratori di Ama e Atac (rispettivamente le municipalizzate della raccolta dei rifiuti e del trasporto pubblico) colpevoli spesso di scioperi selvaggi che hanno paralizzato negli ultimi anni la città, con la connivenza di sindacati indifendibili. La colpa di tutto è della vecchia politica, ovviamente. Poi tra un anno qualcuno, però, presenterà il conto e per la Raggi non sarà affatto facile.

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Tra i due litiganti il terzo gode. Se la sconfitta di Roma brucia, quella di Torino è clamorosa. Piero Fassino, nonostante l’indubbio vantaggio al primo turno, perde la città che ha governato e la consegna, chiavi in mano, al Movimento 5 Stelle. I dati di Roma e Torino parlano chiaro: quando il Movimento va al secondo turno vince. Non perché esista una maggioranza assoluta di italiani, romani o torinesi “grillini”. Ci sono, piuttosto, molti italiani che considerano politicamente il Movimento “il male minore”, rispetto alla storica controparte. Così chi è di destra ha preferito votare 5 stelle, piuttosto che i “rossi” Giachetti e Fassino. Dove il ballottaggio si è svolto tra centro-sinistra e centro-destra il Pd ha vinto, come a Milano e Bologna. Nel vecchio dualismo tra sinistra e destra, insomma, il grillismo ha gioco facile. Una situazione che farà riflettere Matteo Renzi: cosa succederà con l’Italicum che ha una formula elettorale simile a quella dell’elezione dei sindaci? In fondo il fatto che i 5 stelle ora si trovino a governare due importanti città potrebbe ridimensionare o modificare questo sentimento. Ma due anni sono pochi e fra due anni, al massimo ci saranno le elezioni politiche.

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Perde il Renzi segretario, nonostante Orfini. Il voto è stato troppo frastagliato per essere indicativo a livello nazionale. Non è stato un referendum sul governo. Ognuno ha votato le persone e soprattutto ognuno ha guardato alla condizione della propria città. Soprattutto a Roma dove il disastro, al di là di Mafia Capitale, è totale. Non è insomma una sconfitta per Renzi premier. Ma potrebbe essere una sconfitta per Renzi segretario del Pd. A livello locale la rottamazione si è fermata. Nei municipi e a livello comunale si sono ripresentati gran parte dei consiglieri uscenti, gli stessi che sedevano tra i banchi della maggioranza che ha appoggiato Ignazio Marino. Le stesse facce che hanno comunque preso centinaia di voti nel loro quartiere, ma che di certo non hanno rappresentato una discontinuità con l’amministrazione precedente e con la vecchia politica. Poco conta, a questo punto, l’età anagrafica. E poco conta la pulizia fatta da Matteo Orfini, se poi le stesse facce del disastro sono ancora tutte lì.

«Daje, un abbraccio a tutti», saluta uno stanco ma sorridente segretario di sezione. «Tanto ci vediamo presto: un anno e ritorniamo a votare. La Raggi non dura». Così i taxi si ammucchiano all’ingresso del seggio. Gli scrutatori sorteggiati dovranno portare le schede al seggio centrale in una notte irreale, dove il silenzio di Roma è rotto da tuoni lontani. E mentre un taxi parte, da lontano si sente la voce di un rappresentante di lista dei 5 stelle: «Shhh…Abbiamo vinto, mo’ ve dovete sta’ zitti».