"Loro 1", Sorrentino colpisce ma non convince. Servillo ottimo
In attesa della seconda parte, che uscirà nei cinema il 10 maggio, l’ultima fatica del regista napoletano è “rimandata”. Forse penalizzante la divisione della pellicola
La bellezza continua ad esserci, ma non più così grande. Un po’ per la scelta ostica dell’argomento, un po’ perché la “bellezza” cruda e vorace dello squallore umano non è sempre così facile da trasmettere e rappresentare. Attesissimo da mesi, il film di Paolo Sorrentino a prima vista è ben fatto ma non lascia il segno, forse perso in ridondanze e troppi richiami al vincente “La grande bellezza”.
Loro e Lui Il primo atto di “Loro”, verosimile affresco del mondo di Berlusconi nell’Italia di dieci anni fa (quella degli scandali politico-sessuali che finirono sui giornali), appare spaccato in due: quasi un’ora di sequenze e rimandi simbolici per descrivere l’ascesa del “talent scout” Sergio Morra (ovvero Giampiero Tarantini), a colpi di ricatti, tangenti e un giro di ragazze perdute pronte a tutto per il successo. Un universo decadente ideale e caro al regista napoletano, dove chi cerca potere e soldi si affida a «loro, quelli che contano», per arrivare poi a “Lui”, Silvio Berlusconi, l’uomo più potente d’Italia. Come satelliti intorno ad un pianeta, politici più o meno mediocri, affaristi, produttori, aspiranti soubrette o attrici si affannano per un illusorio posto al sole. In mezzo droga, sesso e tanto disincanto.
La smorfia di Servillo Poi di colpo il film cambia, e una disperata festa estiva in Sardegna, a due passi da Villa Certosa, ci trasporta nel buen retiro dell’ex Cavaliere, accompagnato da una Veronica Lario annoiata e sofferente (resa bene da Elena Sofia Ricci). Ancora una volta è la bravura di Toni Servillo a far crescere il film, che, in attesa di vedere se la seconda parte ci aiuterà a meglio definirlo e valutarlo, continua comunque a non convincere del tutto. Il suo Silvio è incredibilmente verosimile (la camminata, la maschera del volto, la cadenza milanese) ma ad uno sguardo più profondo è un Berlusconi in cui l’attore ha messo del suo, per quanto non sia semplice dare vita ad un personaggio imitato e riproposto ovunque senza cadere nell’effetto “marionetta”. “Loro 1” ce ne mostra il lato più privato, quasi riflessivo, senza perdere di vista però l’uomo del “fare”, in cui l’ambizione e l’ego guidano incontri di lavoro, telefonate, trucco, e plateali tentativi di riconciliazione con la moglie.
Prevedibili ma indecifrabili Sorrentino lo ha dichiarato più volte, e lo ha scritto presentando il film: «Ho immaginato il racconto dell’uomo, e in modo solo marginale del politico, con il fine di provare a scavare nella sua coscienza. Quali erano i sentimenti, le paure, le delusioni nell’affrontare quegli anni turbolenti? Berlusconi è probabilmente il primo uomo di potere ad essere un mistero avvicinabile. È sempre stato un narratore di sé stesso, anche per questa ragione è diventato un simbolo, e rappresenta inevitabilmente una parte di tutti gli italiani». Una parte degli italiani, appunto, un universo di anime del Purgatorio che ambiscono al Paradiso, rappresentato dall’imprenditore di Arcore: «Ho voluto raccontare un fenomeno senza emettere giudizi, mosso solo dalla volontà di comprendere, adottando il tono della tenerezza». Ambivalente il film e ambivalenti le sensazioni che lascia, quindi. Tenendo presente che manca ancora una parte, al cinema dal 10 maggio.
La bellezza continua ad esserci, ma non più così grande. Un po’ per la scelta ostica dell’argomento, un po’ perché la “bellezza” cruda e vorace dello squallore umano non è sempre così facile da trasmettere e rappresentare. Attesissimo da mesi, il film di Paolo Sorrentino a prima vista è ben fatto ma non lascia il segno, forse perso in ridondanze e troppi richiami al vincente “La grande bellezza”.
Loro e Lui Il primo atto di “Loro”, verosimile affresco del mondo di Berlusconi nell’Italia di dieci anni fa (quella degli scandali politico-sessuali che finirono sui giornali), appare spaccato in due: quasi un’ora di sequenze e rimandi simbolici per descrivere l’ascesa del “talent scout” Sergio Morra (ovvero Giampiero Tarantini), a colpi di ricatti, tangenti e un giro di ragazze perdute pronte a tutto per il successo. Un universo decadente ideale e caro al regista napoletano, dove chi cerca potere e soldi si affida a «loro, quelli che contano», per arrivare poi a “Lui”, Silvio Berlusconi, l’uomo più potente d’Italia. Come satelliti intorno ad un pianeta, politici più o meno mediocri, affaristi, produttori, aspiranti soubrette o attrici si affannano per un illusorio posto al sole. In mezzo droga, sesso e tanto disincanto.
La smorfia di Servillo Poi di colpo il film cambia, e una disperata festa estiva in Sardegna, a due passi da Villa Certosa, ci trasporta nel buen retiro dell’ex Cavaliere, accompagnato da una Veronica Lario annoiata e sofferente (resa bene da Elena Sofia Ricci). Ancora una volta è la bravura di Toni Servillo a far crescere il film, che, in attesa di vedere se la seconda parte ci aiuterà a meglio definirlo e valutarlo, continua comunque a non convincere del tutto. Il suo Silvio è incredibilmente verosimile (la camminata, la maschera del volto, la cadenza milanese) ma ad uno sguardo più profondo è un Berlusconi in cui l’attore ha messo del suo, per quanto non sia semplice dare vita ad un personaggio imitato e riproposto ovunque senza cadere nell’effetto “marionetta”. “Loro 1” ce ne mostra il lato più privato, quasi riflessivo, senza perdere di vista però l’uomo del “fare”, in cui l’ambizione e l’ego guidano incontri di lavoro, telefonate, trucco, e plateali tentativi di riconciliazione con la moglie.
Prevedibili ma indecifrabili Sorrentino lo ha dichiarato più volte, e lo ha scritto presentando il film: «Ho immaginato il racconto dell’uomo, e in modo solo marginale del politico, con il fine di provare a scavare nella sua coscienza. Quali erano i sentimenti, le paure, le delusioni nell’affrontare quegli anni turbolenti? Berlusconi è probabilmente il primo uomo di potere ad essere un mistero avvicinabile. È sempre stato un narratore di sé stesso, anche per questa ragione è diventato un simbolo, e rappresenta inevitabilmente una parte di tutti gli italiani». Una parte degli italiani, appunto, un universo di anime del Purgatorio che ambiscono al Paradiso, rappresentato dall’imprenditore di Arcore: «Ho voluto raccontare un fenomeno senza emettere giudizi, mosso solo dalla volontà di comprendere, adottando il tono della tenerezza». Ambivalente il film e ambivalenti le sensazioni che lascia, quindi. Tenendo presente che manca ancora una parte, al cinema dal 10 maggio.