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Diritto di critica | November 6, 2024

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Un anno di «diritto di critica» - Diritto di critica

E’ passato esattamente un anno da quando, colmo di idee e speranze, battevo sulla tastiera della mia stanza le righe del primo articolo di questo blog. Di fronte a me, impassibili e desolanti, le statistiche di Freedom House mi esortavano a dar voce al sentimento di dissenso che cresceva dentro di me e che, ormai da settimane, nutriva il mio desiderio di “rendermi utile” alla collettività. Insieme ad alcuni autori ed amici, che nei mesi avete avuto modo di conoscere, prendeva forma un anno or sono un progetto di giornalismo partecipativo, fatto di persone semplici, con idee complesse e sogni ancora più complicati. Ci sono state settimane in cui abbiamo incassato decine di migliaia di visite, finendo su blog importanti come quello di Grillo o scomodando anche qualche giornalista di professione, altre in cui siamo stati imprigionati dai problemi della vita di tutti i giorni, ma, oltre a tutto ciò, il nostro impegno e la nostra passione ci hanno reso tutti più ricchi e consapevoli di ciò in cui crediamo.

L’Italia è un paese una nazione da rifondare, da reinventare, e così come dissi allora, in quella giornata di maggio non tanto diversa da oggi, «emerge urgentemente la necessità di utilizzare le risorse ancora indipendenti come la rete per esercitare il proprio diritto di critica in merito alle scelte del governo, dell’opposizione, e di tutti coloro che si occupano della cosa pubblica».

Coincidenza vuole che il tema da me oggi trattato riguardi proprio gli ultimissimi dossier pubblicati dalla Freedom House, esattamente come un anno fa. Lo scorso anno l’Italia era finita nella lista dei paesi dove la libertà di stampa è “partially free” (parzialmente libera). La nota dello scorso anno rincarava la dose sostenendo che, alla luce del ritorno del magnate dei media Silvio Berlusconi, «L’Italia è scivolata nell’area dei Parzialmente Liberi grazie all’uso accresciuto delle corti di giustizia e di leggi contro la diffamazione per limitare la libera espressione, all’aumentata intimidazione di tipo fisico ed extralegale da parte della criminalità organizzata e di gruppi di estrema destra e a preoccupazioni relative alla proprietà dei media». Quest’anno, come mostrato nella foto ad inizio articolo (colore giallo significa “parzialmente libero“), l’Italia si è attestata al 72° posto nella classifica mondiale, sotto a Costa Rica, Barbados, Micronesia, Suriname, Trinidad and Tobago, Ghana e molti altri.

Entrando nel dettaglio e leggendo il dossier pubblicato dall’istituto di ricerca, possiamo estrapolare le motivazioni di questo giudizio da paese del terzo mondo che classifica l’Italia.

«Le minacce alla libertà di stampa rimangono concrete anche in democrazie più forti […]. In Italia, paese con un ranking di “parzialmente libero”, le condizioni sono peggiorate alla luce degli scontri del Primo Ministro Silvio Berlusconi con la stampa che si è occupata della sua vita privata, aprendo cause legali nei confronti sia di media locali sia stranieri così come la censura di contenuti critici sulla Tv di stato (Rai n.d.r). L’Italia rimane un pendolare nella categoria dei paesi “parzialmente liberi” (durante il Governo Prodi l’Italia era tornata “libera” n.d.r), registrando un punteggio in declino a causa dell’aumento delle interferenze da parte del governo nei confronti delle politiche editoriali e dell’emittente televisiva pubblica».

Alla luce di tutto ciò ieri il Premier Berlusconi ha dichiarato: «Ci siamo visti mettere in situazioni di grande distanza dai primi ma se c’è una cosa in Italia su cui c’è la sicurezza di tutti è che ce n’è fin troppa di libertà di stampa. Questo non è discutibile». Gli Yankee la pensano diversamente.


Approfondimenti:

1. La classifica mondiale | Italia 72° (Pdf)
2. Mappa della libertà di stampa nel mondo (Pdf)
3. Analisi panoramica sulle nazioni (Pdf)
4. Analisi di Reporter Senza Frontiere sulla stampa italiana (consigliato)

Comments

  1. ne ho scritto anche io sul mio blog, sottolinenado un paradosso che a me sembra evidente

    • Silvio non la pensa così. Dopo aver sbottato dicendo che "c'è troppa libertà di stampa" ha cacciato i giornalisti. Sembra una barzelletta :|

  2. Le parole di Berlusconi sulla “troppa libertà di stampa in Italia” suonano amare come una di quelle minacciose dichiarazioni di certi poteri “latinoamericani”. La libertà di stampa non è mai troppa in una democrazia. Mimmo Candito, presidente sezione italiana Reporters sans Frontieres, 4 maggio 2010