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Diritto di critica | October 7, 2024

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La professione del futuro? Il servo - Diritto di critica

La professione del futuro? Il servo

Cuochi, camerieri, uscieri. Ma anche fattorini, giardinieri, badanti e vigilantes. Da qui al 2018 sono questi i lavori che tireranno di più, in America e in Occidente. C’è chi applaude: è la rivincita dei “buoni vecchi lavori manuali”. Invece no. E’ il ritorno del conflitto generazionale: i “vecchi” si tengono stretti i posti di comando e i giovani devono tornare alla servitù, in lavori privi di creatività o tradizione. Insomma, occorrono servi per una società che invecchia.

Lo studio arriva dagli States, primo paese a riprendersi (lentamente) dalla crisi finanziaria. Da qui al 2018 Washington prevede di tornare a registrare un milione di nuovi  posti di lavoro all’anno. Distribuiti in che modo? Secondo l’analisi della Georgetown University Center of Education and Workplace, saranno concentrati nel settore dei servizi alla persona. Assistenza infermieristica, collaborazioni domestiche (colf), giardinieri, galoppini, fattorini, etc. I motivi sono seri: non sono attività delocalizzabili nei paesi in via di sviluppo (anche se possono essere riempite, come si è fatto finora, sfruttando la manodopera immigrata) e vanno incontro alle esigenze legate all’invecchiamento della popolazione. Nel 2018, insomma, i vecchi saranno tantissimi, ed occuparsi di loro significa un posto certo e ben remunerato.

Cosa che non si può dire dei “geni” delle facoltà STIM (Scienze, Tecnologie, Ingegneria, Matematica). Per questi 15 milioni (dati Usa) di laureati in campi fantascientifici e d’avanguardia, il futuro offre “solo” 4,8 milioni di nuovi posti di lavoro. Un terzo di loro consentirà agli Usa di tornare a ruggire nei posti alti della classifica economica mondiale, mentre il restante 66% dovrà cercarsi un altro lavoro. Secondo gli analisti di Georgetown, gli ingegneri di software assorbiti dal mercato statunitense nei prossimi 6 anni saranno 300mila, contro i 500mila baristi previsti. E quest’esercito di baristi sarà altamente qualificato: ben il 17% di loro avrà una laurea assolutamente inutile per il proprio lavoro. Idem per le massaggiatrici (il 32% di loro ha una laurea e magari anche una lode) e le indossatrici (che potranno, nel 26% dei casi, far sfoggio di cultura nei camerini pre-sfilata).

Ma non si può fare a meno della laurea, per lavorare come usciere o fattorino? No. Il pezzo di carta serve per consentire ai direttori del personale una rapida scrematura delle candidature. Secondo quanto riportano gli esperti, infatti, il valore della laurea non sarà legato alla cultura ma al suo effetto-sbarramento. Ne è prova la sistematica banalizzazione dello studio e la supervalutazione dell’esperienza sul campo, spesso venduta tramite apprendistato o stage o forme di contratto semi-gratuito  e precario.

Proviamo a pensare agli “addetti alla paesaggistica degli spazi verdi” – alias i giardinieri: ne serviranno un milione e 128 mila. E le “assistenti domestiche per la salute” – dette anche badanti – saranno 825mila (si tratta sempre dell’economia americana, ma il confronto con la nostra è evidente). E poi la società del futuro richiederà più fattorini e più venditori-telemarketisti: rispettivamente 1,8 e 2,7 milioni, per garantire lo sviluppo dell’e-commerce e la santificazione di Wanna Marchi.

Pensare che il ritorno del lavoro manuale salverà le nuove generazioni è una balla. E’ una spartizione del lavoro tra generazioni. Chi nel mercato del lavoro c’è già, e detiene il potere di selezione, manterrà il proprio ruolo: sarà il dirigente, il padrone, il consumatore dei servizi di lusso. Chi entrerà nei prossimi anni, servirà i dirigenti facendo loro da fattorino, usciere, giardiniere. Un giorno, anche da badante. Lavori che non prevedono carriera; non prevedono abilità artigiana, ma investimento del proprio tempo (come stare tutto il giorno alla reception, o rispondere alle chiamate degli utenti nei call-center); non prevedono creatività, perchè implicano ripetizione automatica di situazioni date. Questo è l’unico tipo lavoro che la società del futuro offrirà ai giovani: la servitù. Abbellita di nomi politicalmente corretti.

Comments

  1. Mmm..servo no..è . Questo articolo è ad personam…;)

  2. Danx

    Non è una novità, già da diverso tempo molti laureati devono fare lavori non idonei al loro titolo di studio.
    Più laureati ci sono, maggiore sarà la domanda, ma l’offerta è sempre quella, anche se in certi settori cresce quest’ultima (ad esempio so che i laureati dei Politecnico a Torino hanno ottime probabilità di ottenere un buon posto di lavoro non precario).
    Servi? E chi non serve un padrone per potere tirare avanti in questa società che ci prende tanti soldi e pochi ce ne dà? E quante volte un lavoro creativo, proprio perchè lavoro, diventa frustrante e perde quell’aurea magica che c’è solo quando si fa una certa cosa per passione nel tempo libero? Si pensi ai webmaster, secondo me sclerano coi clienti, a differenza di quando invece costruiscono siti per sè o per i loro amici.
    Saluti,
    italiasenzavalori.blogspot.com