Vendita Milan: Berlusconi resta al timone, almeno per ora - Diritto di critica
Berlusconi lascia, Berlusconi resta alla guida del Milan? Il tormentone, per i tifosi rossoneri e per la ‘geografia politica’ del calcio italiano, sembra essersi risolto a favore della continuità: il premier non rinuncerà alla “passione che lo anima da 25 anni”, quella per il Milan. L’amministratore delegato rossonero Adriano Galliani e la figlia Barbara Berlusconi, attuale membro dei Cda di Fininvest e della società di via Turati, ne hanno dato l’annuncio due giorni fa in occasione del raduno della squadra.
Alla guida del Milan, nonostante la pesante spada di Damocle che grava sulle casse berlusconiane: 560 milioni di euro (750 in primo grado) da corrispondere alla Cir di De Benedetti in seguito alla sentenza della Corte di Appello di Milano, ed in attesa della pronuncia della Corte di Cassazione, per aver corrotto il giudice che nel 1991 consegnò la Mondadori alla Fininvest. Una decisione, quella di rimanere alla guida del club, maturata dopo l’attenta valutazione di ipotesi alternative. Come quella di cedere il Milan, per rientrare delle quote di maggioranza e avere della liquidità fresca per coprire quasi interamente il maxi-risarcimento alla Cir. S’intenda quasi interamente, perché l’eventuale vendita del pacchetto Milan (comprensivo del centro sportivo Milanello), avrebbe fruttato circa 350 milioni di euro. Non certo una cifra di poco conto, se si pensa che la Roma è stata venduta a una somma nettamente inferiore (70 milioni di euro per il 60% agli americani ed il restante 40% in mano ad Unicredit). Sondaggi erano stati fatti con alcuni imprenditori arabi e russi (nota l’amicizia tra il premier Berlusconi e primo ministro russo Vladimir Putin).
Anche solo l’ingresso di investitori stranieri, in quota di minoranza, porterebbe nuove risorse economiche, un fattore non trascurabile visto che il bilancio societario del 2010 si è chiuso con un passivo di 69,9 milioni di euro. E in odore di fair play finanziario, le società di calcio nei prossimi anni, teoricamente non potranno spendere più di quanto incassato. Sarà consentito un disavanzo di 15 milioni l’anno, per un totale di 45 milioni in tre anni. I club dalla grande disponibilità economica, come Real Madrid, Barcellona, Manchester City e Malaga per esempio, dovranno adeguarsi alle politiche di risanamento volute dal presidente dell’Uefa Michel Platini. Il Milan, ancor di più, dovrà limitare le spese e Berlusconi sta studiando la possibilità di scorporare la società rossonera dalla Fininvest. In quel caso, il Milan diverrebbe esclusiva proprietà del presidente del Consiglio.
Per capire la consistenza del maxi-risarcimento e quale impatto avrà sulle finanze del Biscione, basti pensare che lo scorso anno l’utile netto di Mediaset è stato pari a 352, 2 milioni di euro (in crescita del 10% rispetto ai 272,4 milioni del 2009). La mazzata di 560 milioni di euro costa a Berlusconi qualcosa come tre anni e mezzo di utili, ovvero di qui fino al 2014. La sentenza della Corte di Appello riscrive, in un certo senso, la geografia imprenditoriale e della comunicazione italiana, con il gruppo De Benedetti – Cir (Espresso, Sorgenia, Sogefi, Kos e attività finanziarie) che acquisisce un vantaggio competitivo rispetto alla holding imprenditoriale di Berlusconi.
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