Il piano segreto per conquistare Tripoli - Diritto di critica
La Nato e i ribelli devono gran parte del merito della conquista di Tripoli ad un ristoratore. Un uomo che si occupava di distribuire i pasti presso i Ministeri libici e godeva della fiducia degli funzionari del raiss. “Avevo costruito ottimi rapporti con gli ufficiali – ha raccontato Abdel Majid Mlegta alla Reuters – ma volevo servire il mio Paese”.
Abdel – adesso coordinatore per il CNT delle operazioni nella zona di Tripoli Ovest – osserva, segna i punti deboli del regime, carpisce le informazioni principali ma soprattutto tesse una rete di contatti con ufficiali e militari disposti a collaborare e da cui ottiene materiale prezioso per la pianificazione dell’assalto e la presa della città. Poi copia tutto su una memory card e la passa alla Nato e ai ribelli.
Sulla scheda di memoria restano impresse informazioni su sette centri di potere fondamentali per il coordinamento delle forze di Gehddafi, tra cui la sicurezza interna, i comitati rivoluzionari di Gheddafi, le Guardie del Popolo e l’intelligence militare. I dati inseriti contenevano anche i nomi dei comandanti delle tre unità, le targhe delle loro automobili, quanto personale lavorava in ciascun centro e con quali mansioni e il modo in cui ogni unità comunicava con il comando centrale, guidato dal capo dell’intelligence Abdullah al-Senussi e il secondo figlio di Gheddafi, Saif al-Islam. Informazioni finite nelle mani della Nato che ha potuto pianificare l’assedio e l’attacco alla capitale libica.
L’operazione – secondo quanto scrive ancora la Reuters – è stata preparata in diversi mesi e ha potuto contare anche sull’appoggio di alcune unità segrete di ribelli che operavano a Tripoli, segnalando obiettivi strategici come caserme, stazioni di polizia, sale operative e bunker. La Nato, dal canto suo, ha impiegato diversi “consiglieri” militari inglesi, francesi e del qatar, oltre a due droni inviati da Washington a sostegno delle operazioni aeree.